DE ALCOLISMO – PALERMOBABYLON . Seconda parte: fatwā

leggi la prima parte

Oggi pubblichiamo la seconda parte di un “saggio” intitolato pomposamente ‘De alcolismo – PalermoBabylon’ , inviatoci dal nostro collaboratore Osama Riina. Ovviamente la redazione ci tiene a precisare che questo scritto riflette unicamente le opinioni dell’autore e non di tutto il sito. Decidiamo di ospitarlo perchè contiene alcune cose davvero interessanti.

De alcolismo – PalermoBabylon

di Osama Riina

seconda parte – fatwā

Oltre a dare lavoro, l’alcool tramite l’indotto soddisfa l’esigenza dei palermitani (e degli italiani) di svago post lavoro, o di disperazione pre lavoro, o di disoccupazione post non lavoro, o di pensione irascibile.

L’alcool è il collante sociale di un’ampissima umanità.

L’indotto rappresenta l’oro nascosto dell’industria e della cultura dell’alcool.

Don Verzè, ospite in prima serata di Antonella Clerici, parlò del vino (da lui prodotto in Brasile) come “medicina di conoscenza”, termini velatamente gnostico-esoterici;

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D’altro canto, la cultura e l’arte sono legate a doppio filo all’alcoolismo: decine di secoli prima delle immortali quartine sul vino di Omar Khayyam, in Grecia c’era Alceo. A Palermo oggi c’è Luigi Maria Burruano (uno tra i migliori attori italiani in attività), degno erede di questa tradizione greca e musulmana.

In Italia e a Palermo (e forse pure a Baghdad) l’alcoolismo è un “bene” per la società: i soldi spesi dagli italiani per ubriacarsi fanno aumentare i consumi, il paniere ISTAT include gli alcolici, e se si vendono meno alcolici a Natale (!) l’intera economia ne risente.

spumaz

A questo punto, chi sono gli utopisti?

I religiosi (imam di Baghdad, abbiamo visto, e anche vescovoni della provincia siciliana, che incontreremo nella terza parte di questo scritto) i quali si scagliano contro questa droga sociale, oppure i libertari creativi delle agenzie di marketing che lavorano per conto dei marchi di alcoolici, o ancora gli estremisti atei di destra o di sinistra, tanto i fascisti quanto i centri sociali, che nelle loro serate intonano veri e propri inni all’alcoolismo, e che basano le proprie entrate su chi si ubriaca ogni sera, contribuendo così “con la propria pietruzza alla causa” dell’alcool, scambiando euro per innumerevoli Peroni, Moretti, Forst, Franziskaner (chiamata dagli addetti ai lavori “u parrinu”, per via del frate sull’ etichetta****)?.

Franziskaner.

“Francescano”.

U parrinu.

Il prete.

L’imam.

I negozi bruciati.

Le epatiti e le emorroidi e i disturbi gastrici che rodono gli abitanti della Conca d’Oro.

Gli incidenti stradali mortali per guida in stato di ebrezza.

Ma l’alcol è un fattore ineliminabile dell’economia e della cultura e della medicina del mondo contemporaneo, quindi ben vengano i minorenni alcolisti.

Inoltre, i brand dell’alcool mondiali e palermitani si battono con buoni mezzi e ottimi risultati nel mercato culturale per imporre il loro prodotto come stile di vita.

Diciamo anche che l’umanità ha conosciuto e patito le gioie dell’alcoolismo da millenni prima della nascita delle agenzie di pr e marketing, quindi queste ultime stanno avendo gioco facile sull’umanità palermitana e mondiale.

Nei prossimi capitoli analizzerò l’azione mediatico-culturale di due diversi brand di alcoolici, uno a livello mondiale ed uno a livello palermitano, scoprendo diverse analogie e qualche differenza.

note.

**** L’europa è piena di birre con stampate sulle etichette le immagini di frati in abito talare con il volto gonfio e arrossato e il boccale pieno di birra in mano. Queste facce di vecchi alcolizzati servi del signore vengono distribuite ai minorenni senza nessuna remora. Cosa direbbero gli imam? Qualsiasi cosa direbbero, chiunque dovrebbe dirsi d’accordo.

FINE DELLA SECONDA PARTE

DE ALCOLISMO – PALERMOBABYLON . Prima parte: Baghdad a Palermo

Oggi pubblichiamo la prima parte di un “saggio” intitolato pomposamente ‘De alcolismo – PalermoBabylon’ , inviatoci dal nostro collaboratore Osama Riina. Ovviamente la redazione ci tiene a precisare che questo scritto riflette unicamente le opinioni dell’autore e non di tutto il sito. Decidiamo di ospitarlo perchè contiene alcune cose davvero interessanti.

De alcolismo – PalermoBabylon

di Osama Riina

prima parte: Baghdad a Palermo

ore 00.00 pag 101 televideo 4 dicembre 2011

A Baghdad, dopo la preghiera del venerdì, un gruppo di fedeli ha assaltato le rivendite di alcolici in seguito ad un discorso infuocato dell’imam contro il vizio dell’alcolismo.

Per vendetta, i commercianti (e presumiamo anche gli alcolisti babiloniti) si sono rifatti violentemente su una sede dell’ Unione Islamica Curda.

vicoli

Negli stessi istanti, nella Baghdad d’Europa, Palermo, in quei vicoli dove un tempo echeggiavano i richiami dei muezzin oggi scorrono milioni di ettolitri di alcool etilico durante le ore notturne dei fine settimana.

Un alcoolismo giovanile (e non) di massa, ignorato da TUTTI.

I negozietti di street food bangladesh musulmani del centro storico di Palermo non vendono alcolici*.

Al contrario, qualsiasi chioschetto o ambulante, forse anche i panellari che stazionano fuori dalle scuole elementari palermitane hanno sempre alcoolici da propinare al prossimo.

Non ho statistiche alla mano, ma mi pare interessante l’idea di un gruppo di fedeli che idealmente da Baghdad andasse il sabato sera alla Vucciria o a Ballarò o a piazza Rivoluzione a compiere atti di terrorismo; una kristallnacht contro Forst, rum e pera, ceres e mojito**, e a guidarla dovrebbe essere (trovandoci in terre cattoliche) qualche prete esagitato, e, come risposta, gli alcolisti e la mafia assieme dovrebbero dare fuoco alla chiesa più disgustosa della città, quella di Sant’Eugenio Papa a Piazza Europa, il motivo per cui Le Corbusier tentò il suicidio.

La Chiesa di Sant'Eugenio Papa a Palermo, il motivo per cui Le Corbusier tentò il suicidio

La Chiesa di Sant’Eugenio Papa a Palermo, il motivo per cui Le Corbusier tentò il suicidio

Baghdad e Palermo hanno in comune il fatto di essere città grandi, potenti e traboccanti di traffici di ogni sorta da età antichissime, vista la felicissima posizione geografica di entrambe.

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Disegno di Uwe Jaentsch alla Vucciria

Circa dieci-undici secoli fa, Palermo e Baghdad, le due perle del ruggente califfato musulmano allora giovane di tre secoli, si contendevano il primato di città più popolosa del mondo.

Avevano arti, armi, architetture e servizi all’avanguardia della tecnica umana.

Avevano capitali.

Avevano una potenza navale, militare e commerciale tra le maggiori del mondo di allora.

Avevano potere politico.

Avevano una vivacissima vita intellettuale cosmopolita, erano due veri e propri snodi centrali della cultura dell’epoca.

Avevano una discreta (per l’epoca, eccezionale) libertà religiosa.

Pensiamo a cosa rappresentano oggi, non dico le città, ma le parole “Baghdad” e “Palermo” .

Provate a immaginare di sentire la parola “Palermo” pronunciata da un milanese.***

Provate a immaginare di sentire la parola “Baghdad” detta da un texano.

Le due missioni militari col maggior numero di effettivi compiute dall’esercito italiano negli ultimi cinquantanni sono state:

-Operazione Antica Babilonia 2003 (Iraq, capitale: Baghdad)

-Operazione Vespri Siciliani 1992 (Sicilia, capitale: Palermo)

I palermitani e i baghdadini non sono stati lasciati liberi di scannarsi tra di loro.

Gli italiani hanno compiuto l’ennesima spedizione militare contro il popolo siciliano (innumerevoli nell’ottocento e poi oltre) e contro i musulmani (libia, somalia, iraq, afghanistan etc) oltre a quelle contro slavi, eritrei, ebrei, etiopi e centinaia di altri gruppi e sottogruppi, tutti meritevoli della palma di “oppressi dagli italiani”.

Certo, combattere contro gli italiani non è onorevole quanto combattere contro gli inglesi, i francesi, i tedeschi, i russi, o gli austriaci (ehm..) però la fetta di odio anti-italiano è condivisa da un gran numero di popolazioni nel mondo, dagli altopiani Afghani alla Conca d’Oro, dal fiume Eufrate al fiume Sarno.

Nel caso specifico di Palermo e Baghdad, solo alcolismo e polizia per gli uni e bombe e fosforo bianco per gli altri.

Tornando all’alcolismo, la verità è che anche con tutta la buona volontà gli imam più trascinanti non riuscirebbero a cambiare la situazione.

L’alcool in italia dà lavoro a migliaia di persone, produzione, importazione, vendita e soprattutto “indotto”.

Fine prima parte.

Note

*ciò è dovuto in parte al costo elevato della licenza per la vendita di alcoolici, ma anche ad un effettivo rispetto dei dettami coranici.

**siete liberi di cambiare i nomi di questi luoghi e dei seguenti drink a seconda della vostra città d’origine/di emigrazione.

***io, ad esempio, non riesco a immaginare Mario Monti che inserisce la parola “Palermo” in una qualsiasi sua frase.

Contro il discorso neocon: piccola confutazione di un articolo di Christian Rocca

Ciò che vi proponiamo oggi è un modesto (ma non umile) tentativo di smontare le tesi presentate dal giornalista Christian Rocca nella sua prefazione ad un saggio di Paul Berman apparso su IL, magazine del Sole24ore .
Non siamo i primi che si cimentano nel glossare un testo neoconservatore e/o xenofobo. A questo link potete trovare una dissacrante e divertente demolizione dei deliri razzisti di Oriana Fallaci compiuta un decennio fa da Miguel Martinez e Lisa Maccari; Daniele Luttazzi nei suoi libri smonta pezzo per pezzo la retorica di Giuliano Ferrara su temi come l’aborto e Renato Farina, due temi per certi versi simili.
Noi non ci sentiamo affatto superiori nè a chi ci ha preceduto nè al bersaglio della nostra critica, Christian Rocca, che il giornalista lo sa pure fare, ha una buona vis polemica (altrimenti non sarebbe un Moggiano di ferro) e conosce come pochi altri (in Italia e in Europa) gli uomini e le donne della politica e del giornalismo statunitensi.
Se tentiamo di confutare le sue tesi è perchè non le accettiamo. Non vogliamo vivere nel terrore e non pensiamo che l’ideologia islamista sia il nostro vero problema. Soprattutto, al contrario di Rocca, non pensiamo che l’eventuale minaccia sia sottovalutata, anzi pensiamo che l’islamofobia sia piuttosto in aumento nel nostro paese e in Europa. In America è già al massimo da anni.
In corsivo mettiamo il testo di Rocca, che ricopiamo perchè liberamente disponibile online. Ogni nostro commento è preceduto da un trattino tipo questo –

In 1984, George Orwell si era inventato la “Thought Police”, la polizia del pensiero (nella traduzione italiana chiamata la psicopolizia), un espediente narrativo per fornire al sistema totalitario guidato dal Grande Fratello lo strumento di coercizione più invasivo che l’essere umano potesse immaginare e sopportare: il controllo del pensiero ventiquattr’ore su ventiquattro.

Il controllo poliziesco del pensiero significava annullamento del pensiero, cancellazione dell’individuo, schiavitù. «Il Grande Fratello vi guarda», minacciavano le scritte sulle strade di Oceania. I sudditi del regime di conseguenza erano costretti a non pensare. Erano costretti ad annullarsi per evitare guai. «Si doveva vivere (o meglio si viveva, per un’abitudine, che era diventata, infine, istinto) tenendo presente che qualsiasi suono prodotto sarebbe stato udito e che, a meno di essere al buio, ogni movimento sarebbe stato visto», si legge già alle prime pagine di 1984, assieme a Buio a mezzogiorno di Arthur Koestler uno dei testi letterari definitivi sul totalitarismo.

Che cosa c’entrano George Orwell e i sistemi totalitari del Novecento con l’ideologia militante dell’Islam radicale e la minaccia alla libertà di pensiero di cui parla questo saggio scritto da Paul Berman?

-eh, infatti, cosa c’entrano?

C’entrano. Oggi, argomenta Berman, l’Islam radicale si è posto l’obiettivo politico di restringere i limiti di ciò che è consentito pensare, sia nella società occidentale sia nel mondo islamico. L’ideologia islamista e le sue squadracce non minacciano soltanto la libertà di espressione, puntano addirittura a controllare la libertà di pensiero. L’Islam radicale si è trasformato nella psicopolizia del romanzo di Orwell. Se non ce ne accorgiamo, avverte Berman, possiamo dire addio società liberale.

-Possiamo, chi? Società liberale, dove?
Ci sembra logico affermare che ogni regime autoritario ha in mente di controllare il pensiero dei suoi cittadini.
Orwell voleva parlare di OGNI regime possibile nel suo futuro. Paragonare il mondo di 1984 a UN QUALSIASI regime totalitario, come sembra fare Rocca, equivale a dire un’ovvietà. o meglio, equivale a dire una cazzata.
Perchè, vedremo più avanti, ‘l’ideologia islamista’ di cui parla Rocca non è al potere in alcuno stato sovrano, quindi è davvero stupido e inutilmente retorico paragonare la psicopolizia di 1984 alla ‘minaccia islamista alla libertà di pensiero’…
..A meno che, ovviamente, Christian Rocca non stia parlando dell’Arabia Saudita, storico alleato americano. Se così fosse, il decennale sostegno alla crudele monarchia saudita renderebbe gli Stati Uniti di Bush (esaltati da Rocca) il più grande Quisling della storia dell’Umanità.
Berman nel suo articolo parla proprio della repressione e della shari’a in Arabia Saudita, quindi sì, incredibilmente Christian Rocca sta sconfessando anni di militanza pro-Bush e si allinea coi Michael Moore più oltranzisti e obesi.

Paul Berman è un intellettuale americano liberal e di sinistra da anni impegnato a spiegare come la battaglia contro l’Islam politico è la diretta continuazione della lotta contro gli altri totalitarismi del Novecento, il nazifascismo e il comunismo. In Terrore e liberalismo (Einaudi, 2004), Berman aveva illuminato con precisione la connessione ideologica tra l’islamismo, il nazionalismo arabo e i movimenti totalitari del ventesimo secolo.

-Sottolineare l’appartenenza politica di Berman è un tentativo molto sottile e raffinato di rafforzare empaticamente l’islamofobia nei lettori di “sinistra” dell’inserto del Sole 24ore su cui è apparso questo articolo. Segniamo anche un punto a favore di Rocca: più avanti nell’articolo eviterà di sottolineare la nota melodrammatica della dichiarata omosessualità di Bruce Bawer.

A poco a poco l’attenzione di Berman si è spostata sugli intellettuali del mondo libero, in particolare quelli che non sono stati capaci di individuare nell’estremismo islamico, e nemmeno nella dittatura nazionalista di Saddam Hussein, la versione moderna della minaccia totalitaria del secolo scorso. Affrontare e contrastare sul piano delle idee questo pericolo, secondo Berman, non è soltanto la cosa giusta da fare, ma quella moralmente doverosa.

-adesso la critica di questa prefazione diventa davvero imbarazzante, imbarazzante da scrivere.
l’ ‘ideologia islamista’ di cui si sta parlando sarebbe quindi quella qaedista o quella baathista? i religiosi o i laici? oppure basta che siano musulmani?
quale delle due è ‘la versione moderna del totalitarismo’ novecentesco?
DI CHE STIAMO PARLANDO, ROCCA?
il tono della frase qui sopra è quello di un professore universitario durante l’esame di Storia del Medio Oriente alla laurea triennale, quando lo studente Rocca Christian, (fuorisede proveniente dalla lontana Alcamo, Virginia) a domanda precisa, balbetta e confonde i regimi nazionalisti laici con un non meglio identificato islamismo, rendendo quindi inutili tutte le parole finora pronunciate. 18, va, che c’è caldo..

Gli intellettuali, ha scritto Berman nel saggio del 2010 intitolato The Flight of Intellectuals (incomprensibilmente non ancora tradotto in italiano), scappano di fronte alla realtà e non assolvono il loro compito che in teoria è quello di spiegare all’opinione pubblica che cosa sta succedendo. I maître à penser occidentali vedono la minaccia di un movimento politico autoritario e totalitario che dice di agire in nome dell’Islam ma, invece di denunciare la barbarie e le intimidazioni, preferiscono fuggire dalle loro responsabilità. Stanno zitti. Rinunciano al loro ruolo. Depotenziano il dibattito. Evitano la discussione. Fanno anche di peggio: accusano i dissidenti e gli spiriti liberi di quelle società, ridicolizzano il loro coraggio. Li disprezzano, anche. Assieme a chiunque prenda le loro difese.

-gli intellettuali scappano? il più potente e famoso quotidiano italiano, il Corriere della Sera, tramite il suo direttore Ferruccio De Bortoli ha spacciato per più di un decennio ormai, e continua a farlo, le idee razziste e violente di Oriana Fallaci, la defunta propagandista razzista che è ancora lontana dall’essere dimenticata dall’ ‘industria culturale’ italiana e mondiale e norvegese..
Fa il finto tonto, Rocca? O è disinformato? O pensa che Ferruccio De Bortoli non sia un mâitre à penser?

Non è stato sempre così. Nel 1989, il mondo intellettuale si è schierato con Salman Rushdie, quando lo scrittore è stato condannato a morte dalla fatwa religiosa emanata dall’ayatollah iraniano Khomeini, ma allora non era ancora evidente la capacità di intimidazione dell’Islam politico. In nome della libertà di espressione, durante il caso Rushdie le guide morali del mondo libero si sono mobilitate a favore dell’autore dei Versi satanici. I Rushdie dei nostri giorni – da Ayaan Hirsi Ali a Ibn Warraq – sono meno fortunati. Vengono liquidati come personaggi insignificanti, ignoranti, non rappresentativi. Non valgono quanto i leader del movimento islamista che fingono di essere moderati, come Tariq Ramadan.

-Oh, beh, questo vuol dire che Rocca non ritiene Fiamma Nirenstein un’esponente del mondo intellettuale, e qui ci trova d’accordo.
Dicendo questo ci dimostra di non considerare Giuliano Ferrara un intellettuale, o Roberto Saviano, o Giovanni Sartori, tutti pubblicamente critici contro le più dure derive islamiste.
O forse il suo è l’ennesimo trucchetto propagandistico?

Secondo Berman, la ragione di questa fuga degli intellettuali è più semplice di quanto possa sembrare: «Pensano sia meglio stare alla larga da autori che definiscono provocatori, temono sia troppo pericoloso sostenerli, sono intimiditi».

-E tu, Rocca, da giornalista, sei mai andato ad un incontro pubblico dove fosse presente Vittorio Arrigoni, poi ucciso dai tuoi stessi nemici? O lo ritenevi un personaggio ‘provocatorio’ e ‘pericoloso’?

Con la polizia del pensiero a vigilare, l’intimidazione e la paura diventano sentimenti decisamente più efficaci della rabbia e dell’orgoglio di chi denuncia l’oppressione e l’intolleranza. La nuova riflessione di Berman, contenuta in questo saggio pubblicato da IL in esclusiva italiana, si concentra su un rischio apparentemente lontano per la società aperta, ma che in realtà è più pericoloso e attuale degli atti di violenza terroristica. Un pericolo di tipo orwelliano.

Berman non è solo in questa battaglia. L’editorialista dell’Observer britannico, Nick Cohen, su questo tema ha scritto un saggio dal titolo You Can’t Read This Book (dedicato a Christopher Hitchens, uno che dal caso Rushdie fino al suo ultimo giorno di vita non si è mai dato alla fuga). Cohen sostiene che non è vero che stiamo vivendo un’epoca di libertà senza precedenti, come si usa dire con un pizzico di ingenuità. Chi offende la religione musulmana, anche solo con una vignetta o con un romanzo, mette a rischio la propria vita. Il risultato diretto è l’autocensura, la fine della società aperta. A vigilare che tutto vada secondo i precetti ideologici c’è la polizia del pensiero, temibile per la sua capacità di intimidire e facilitata nel compito coercitivo dall’abdicazione dell’élite culturale.

-Polizia del pensiero? vi sembra che Forattini o Stefano Disegni o Vincino non abbiano mai pubblicato vignette contro l’islam radicale?
Daniela Santanchè è stata libera di bestemmiare in diretta tv contro il profeta Maometto, e la sua testa è ancora saldamente (chirurgicamente?) attaccata alle spalle. Tra l’altro, le oscenità da lei urlate in quell’occasione contro l’indifeso Maometto POTREBBERO DIRSI UGUALMENTE di san Giuseppe, ma nessuno lo farebbe mai in tv. Autocensura? Polizia del pensiero?
Qualsiasi predicatore della sua amata America è libero di bruciare il Corano senza pericolo (a meno che non passi un mujahidin in skateboard a rubarglielo, esponente del gruppo salafita dei Martiri di Tony Hawk).
I suoi amati marines sono liberi di invadere un paese, fare morti e prigionieri, sequestrare nelle carceri i libri sacri e bruciarli. Per poi gridare al pericolo islamista e alla polizia del pensiero se qualcuno osa avere da ridire.
Chi bombarda i civili da aerei senza pilota e brucia i libri sacri è abbastanza orwelliano per te, oppure il fatto che goda delle fondamentali libertà di fumetto e pornografia lo rende meno orwelliano?
Hai un orwellometro?

Bruce Bawer, scrittore americano in trasferta in Norvegia, definisce «nuovi Quisling» quegli intellettuali occidentali che si oppongono al dibattito sul totalitarismo musulmano e cercano di controllare la conversazione sull’Islam in modo che non offenda i suoi principi ideologici. “Nuovi Quisling” è un insulto feroce.

-sarà un insulto feroce, ma è abbastanza simile alle tesi di Breivik stesso, il quale sicuramente nel suo lussuoso carcere  leggerà e apprezzerà il testo di Berman di cui Rocca fa la prefazione. Non conosciamo l’opinione di Breivik su Quisling, ma conosciamo le sue idee sull’insidiarsi dell’ideologia islamista in europa, e avendole lette possiamo dirvi che non si discostano molto dalle idee di Rocca e di Berman.
Inoltre, le metafore e le similitudini con la Seconda Guerra Mondiale sono un abusato cavallo di battaglia retorico dei neocon. un cavallo zoppo, secondo noi, visto che la reductio ad hitlerum et similia  sta via via perdendo la sua potenza, e con essa tutti i riferimenti a Quisling, o tutte le metafore con la conferenza di Monaco che simboleggerebbe la codardia occidentale di fronte alla minaccia del giorno. (mai hanno parlato di Hiroshima, curiosamente.)

Vidkun Quisling è stato il gerarca fascista norvegese che ha governato il suo Paese con il pugno di ferro per conto dei nazisti. Quisling, insomma, è il simbolo del collaborazionismo con il male assoluto. In The New Quislings: How the International Left Used the Oslo Massacre to Silence Debate About Islam, appena pubblicato da Harper Collins ed edito da Adam Bellow, il figlio di Saul, Bawer ha replicato con veemenza a chi ha strumentalizzato la lucida follia assassina di Anders Breivik, il massacratore locale dei ragazzi di Oslo, per delegittimare i pochi critici dell’ideologia islamista.

Gli articoli di Bawer sono stati citati nel lungo e delirante manifesto lasciato da Breivik e, per questo, con una dose eccessiva di cinismo sono stati successivamente collegati all’azione omicida del solitario assassino norvegese. Da qui la passione personale, talvolta scomposta, di Bawer nel rilanciare attaccando chi ha approfittato di una strage di adolescenti per silenziare il dibattito sull’Islam.

-Abbiamo già detto che se un Quisling c’è, è G.W. Bush, col suo sostegno alla psicopolizia saudita, ma un attimo… il manifesto di Breivik è delirante? Come delirante? Breivik cita Oriana Fallaci, come fanno Rocca e Wilders e Bawer e Berman. Breivik cita Bawer, come lo cita Rocca.
Le sue azioni sono deliranti, se volete, ma se il discorso di Breivik è delirante, allora anche il discorso di Rocca è delirante.
La differenza fra Rocca e Breivik è che quest’ultimo ha ucciso di persona decine di giovani innocenti, mentre il primo naturalmente non hai mai fatto male a una mosca e ha sostenuto coi suoi articoli alcune vaste operazioni militari.
Per il resto, la pensano più o meno allo stesso modo su diversi argomenti. Ad esempio, poco prima avete letto che Rocca ha scritto della ..polizia del pensiero, temibile per la sua capacità di intimidire e facilitata nel compito coercitivo dall’abdicazione dell’élite culturale; una tesi del genere è quasi identica a quelle sostenute da Breivik nel suo debordante manifesto d’intenti multimediale, quando parla della political correctness (che impedisce di demonizzare l’islam) come forma di evoluzione del marxismo culturale, quindi sostanzialmente un segno della debolezza degli intellettuali contemporanei di fronte all’islam. Tesi di Bawer, con ogni probabilità…

Il saggio di Paul Berman è più sereno, sine ira ac studio, senza ira né pregiudizi, ma il punto di arrivo è lo stesso: la società aperta non si può permettere di ignorare la campagna globale islamista per la limitazione della libertà di pensiero attraverso l’intimidazione.

-Christian Rocca, e questo gli va riconosciuto, da quando Obama è diventato presidente ha aggiornato i lettori del suo blog riguardo ogni mossa ‘alla Bush’ da parte di Barack H. Obama, cose tipo bombardamenti, mancata chiusura di Guantanamo, aumento dei budget militari, ricerche sperimentali su nuove armi, raid aerei in paesi come Somalia e Pakistan..cose ‘alla Bush’ secondo Rocca e anche secondo noi. Il suo tentativo, riuscitissimo secondo noi, era quello di mostrare a tutti gli enthusiasts italiani del Nobel per la Pace Obama che la sua politica estera era uguale a quella di Bush, se non più aggressiva.
Con una mossa davvero simpatica e incisiva, queste notizie venivano presentate sotto l’elaborazione grafica di un volto con le sembianze di Bush E di Obama insieme, con l’ammiccante titolo that’s right.


Ora, tutte queste campagne militari cominciate da Bush e continuate da Obama si inscrivono in una una vera e propria Campagna Globale, per parafrasare la prefazione.
Se Rocca volesse davvero capire i motivi della forza di una non ben definita ‘campagna globale islamista’, dovrebbe interrogarsi sulla portata intimidatoria e sulla capacità di fuoco della campagna globale militare americana, che va avanti da più di un decennio e che Rocca ci ha raccontato in questi anni, anni in cui il suo sostegno giornalistico alla guerra americana non è mai venuto meno.

p.s.

Leggetevi, se ce la fate, l’articolo di Berman da cui la prefazione. Ci piacerebbe commentarlo ma per ora non abbiamo il tempo. Vi anticipiamo solo che Berman definisce Magdi Allam moralmente scrupoloso.

E’ morto il patriarca copto Shenouda III

Ci tocca annunciare con tristezza la morte del patriarca copto di Egitto, Shenouda III.
E’ una notizia drammatica per la comunità copta egiziana, visto che Shenouda III aveva “..cambiato il modo di intendere il patriarcato, senza preoccuparsi di parlare pubblicamente dei problemi della comunità e di scontrarsi coi politici quando necessario”, come riferisce al Los Angeles Times Rafik Habib, scrittore copto egiziano.
Possiamo renderci conto della disperazione dei dieci milioni di copti egiziani se pensiamo che al funerale del patriarca ci sono stati tre morti per asfissia.
Al funerale ha assistito lo stesso patriarca defunto, imbalsamato e fatto accomodare su un trono ligneo per permettere alla folla di entrare in contatto visivo per l’ultima volta con l’amata guida carismatica di un intero popolo.


I Fratelli Musulmani,  tutte le forze politiche e diversi esponenti del mondo musulmano egiziano si sono uniti al cordoglio dei cristiani copti e hanno reso omaggio al carismatico leader scomparso.
Vi segnaliamo, qualora vi interessasse saperne di più, questo dettagliatissmo articolo in italiano di Samir Khalil Samir su Asianews.it, che racconta i rapporti non sempre facili di Shenouda III con la chiesa cattolica, con Israele e con i diversi poteri egiziani.

Non possiamo che unirci all’augurio di Samir nel finale dell’articolo, nella speranza che il sinodo sia in grado di eleggere al più presto un nuovo patriarca forte e autorevole capace di guidare la chiesa copta, rimasta orfana di una guida così carismatica e autorevole.

Protetto: Christian Rocca cambia idea sulla carta stampata

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