Un giovanotto fermato dalla polizia con sostanze stupefacenti in tasca non fa notizia, a meno che non sia famoso come il rapper Gemitaiz.
Noi abbiamo rispetto e compassione per chiunque si ritrovi a ricevere le attenzioni congiunte di polizia e stampa.
L’articolo di Repubblica sul fermo di Gemitaiz è davvero odioso, un distillato di insolenza. Il ghigno del forte che deride il debole in catene, questo ciò che emerge dallo squallore firmato dal giovane (precario?) cronista di repubblica (non facciamo nomi perché non aspetta altro).
Gemitaiz, noi ti siamo vicini e ti rispettiamo e tifiamo prescrizione, speriamo che tu possa superare questo brutto momento, però santoddio, perché ‘ste stronzate? Ovvero, perchè 6 giorni prima del tuo incontro coi tutori dell’ordine hai sentito la necessità di pubblicare su Instagram questa foto?
“ricordate che ha avuto una delusione dalla sua donna, ascoltate ballata del dubbio pt. 2 e capirete che gemitaiz non pensa solo ai soldi #freegemitaiz” La commovente difesa delle fans si basa sull’empatia umana.
Purtroppo non siamo in California, a Barcellona, ad Amsterdam, in Colorado o a Lugano qualche anno fa.
Malauguratamente l’erba non è legale in Italia. Potevi limitarti a parlare di canne nei tuoi testi senza dover postare foto così esplicite e inutilmente compromettenti.
Che ne sai che gli sbirri non hanno segnato il tuo nome su un taccuino dopo aver visto questa foto? Che ne sai che non ti hanno pedinato dopo che hai condiviso col mondo intero la tua passione per ganja e arancine?
Speriamo che le nostre parole servano da monito ai giovanotti appassionati di cannabinoidi affinché evitino di donare ai social network le foto delle loro innocenti abitudini.
In un mondo in cui le multe vengono fatte tramite segnalazioni su twitter, siete così ingenui da pensare che la polizia non segua i vostri account?
Le bastonate sarebbero state causate dal fatto che un gruppo di “gentili” (non ebrei) aveva deciso di strappare un manifesto dedicato alla memoria di Ariel Sharon, eroe delle guerre israeliane.
Questo gruppetto pensava di poter andare senza problemi nell’epicentro dell’ebraismo romano a insultare quello che, piaccia o no, è un simbolo della ritrovata forza della comunità ebraica mondiale.
“Non avrei dovuto farlo. La mossa sbagliata nel posto sbagliato – ammette Vladimiro, l’unico che accetta di parlare con il Fatto – Ma non volevo essere aggressivo, ero quasi sovrappensiero. Ho le mie idee politiche su Sharon e sulla politica di Israele, ma non sono mai stato una persona violenta. Non avevo idea di poter scatenare una reazione del genere” – See more at: http://moked.it/blog/2014/01/17/voci-a-confronto-634/#sthash.h2ZxT51M.dpuf
Per chi non lo sapesse, Roma ospita la comunità ebraica più grande d’italia, l’unica che abbia ancora un sostrato popolare e anche proletario. Molti dei centurioni che stazionano fuori dal Colosseo sono ebrei del ghetto, e non sono certo accusabili di far parte di qualche lobby che controlla il mondo. Sono piuttosto padri di famiglia che cercano di sbarcare il lunario, e a loro va la nostra simpatia.
Ora, i piagnistei dei tanti anti-sionisti o/e antisemiti che si lamentano di questo “atto squadristico” ci fanno ridere. Questa gente farebbe meglio a tacere.
Una simile logica territoriale è il sinonimo di un quartiere vissuto, con una memoria storica che spinge la gente del luogo ad armarsi contro gli “stranieri” che pensano di venire a comandare.
Noi non siamo ferventi sostenitori di Israele, pensiamo sia un paese straordinario (nel senso di fuori dall’ordinario), pieno di contraddizioni e che troppo spesso viola i diritti umani di chi non ha un passaporto israeliano, siano essi nativi palestinesi o migranti eritrei
Ma la politica israeliana non c’entra niente con quanto è successo nel ghetto di Roma.
Se c’è una comunità in Italia che ha motivi storici per prendere a bastonate chi non li rispetta, beh, questa comunità è proprio quella degli ebrei romani.
Parlando con amici tedeschi abbiano notato il loro sbigottimento quando abbiamo raccontato che dalle manifestazioni romane contro Priebke sono stati cacciati degli ebrei che portavano bandiere israeliane.
Dopo quello che è successo ai loro nonni nel 1945, ci pare lecito che gli ebrei romani non permettano invasioni di questo tipo nel loro quartiere.
Possiamo ben dire che gli idioti che sono andati nel ghetto a strappare i manifesti di Sharon si sono meritati le mazzate, loro stessi ammettono di aver agito con leggerezza. Siamo contro la violenza, ma se sei talmente stupido da compiere gesti simili, ci sta che ti becchi le bastonate.
La citazione del titolo di questo articolo, The brews, è presa da una canzone dei Nofx che narra le gesta (di fantasia) di una gang di skinhead ebrei che va in giro a bastonare gli antisemiti. La banda romana ci sembra la realizzazione di questa fantasia, in particolare delle strofe:
Purtroppo capodanno è stato triste nel mondo perchè è morto James Avery, l’attore che interpretava Phil Banks nel celebre sceneggiato Willy il Principe di Bel Air.
Chi è nato negli anni ’80 ricorderà sempre con piacere le ore di evasione televisiva passate insieme a questo omone barbuto, solenne ma paterno e divertente.
Wikipedia ci informa che lo zio Phil è stato una star globale, dall’Italia al Pakistan. Un’icona di un certo immaginario anni ’90. Un’icona positiva, severo ma buono, ricco ma non odioso, un gigante che sapeva ballare.
Non sorprende quindi che molti rapper americani cresciuti negli anni ’90 facciano riferimenti ad Uncle Phil nei loro testi.
In un commosso ricordo pubblicato da Glenn Yoder sul Boston Globe, si fa riferimento al fatto che Willy il Principe di Bel Air ha avuto succeso in America anche perchè, al contrario dei borghesi Robinson e Jefferson, rappresentava i due estremi sociali della società afroamericana, il povero del ghetto e l’avvocato di successo, un elemento comico sfruttatissimo nella serie prodotta da Quincy Jones.
Per salutare degnamente la morte di James Avery abbiamo deciso di raccontare il modo in cui il personaggio da lui interpretato ha influenzato l’immaginario dei rapper americani di oggi.
Sono molti i motivi per cui un rapper può paragonarsi allo zio Phil, in primo luogo il fatto di essere ricco e di avere una grande casa.
Got a house on the hill cost a couple of mill Juicy J got bank like uncle Phil Keep snow bunnies that like popping pills
Juicy J da one of those nights
Drake invece fa riferimento al fatto che la zia Vivian, moglie dello Zio Phil, ha cambiato più volte interprete
I’m Uncle Phil I switch wifey like every season So I guess that makes you aunt Viv
Drake da deceiving
Lo stesso Drake, che ormai è una superstar in America, in un altro pezzo usa lo zio Phil come sinonimo di lealtà e brotherhood per aver ospitato in casa lo spiantato Will Smith
This shit for Karim, this shit for Jaevon This shit for Julius, Milly Mill Boy we do this shit for real All them boys in my will All them boys is my wheels Anything happen to pop then I got you like Uncle Phil,
da 5am in Toronto
Se c’era qualcosa che faceva arrabbiare lo zio Phil era Jazz, l’amico di Willy, che veniva scaraventato regolarmente fuori dalla porta di casa, fornendo così a Childish Gambino l’occasione di fare questo gioco di parole:
Throwing out your jazz man, but you don’t look like Uncle Phil Fucking girls from TV shows, my DVR is on the pill,
J. COle featuring Childish Gambino, da Who Datt pt.2
E se, come abbiamo visto, i riferimenti ad Uncle Phil sono quasi sempre positivi, ci voleva Tyler the creator, (quello di “Rape a pregnant bitch and tell my friends I had a threesome”) per riuscire a scrivere una battuta sullo stupro mettendoci di mezzo anche il buon zio Phil:
With a staggerin’ pack of cocaine in the sack of my dick Where the lips of your teen daughter sits, bitch Fuck Tyler, I’mma change my name to Uncle Phil Cause every girl I deal and fuck, it’s always against her Will,
Tyler, the Creator da Splatter
La battuta è intraducibile in italiano ma ci fa capire come il caro James Avery ha dato vita a un personaggio straordinariamente influente nella cultura popolare americana.
Oggi pubblichiamo la quarta e ultima parte di un “saggio” intitolato pomposamente ‘De alcolismo – PalermoBabylon’ , inviatoci dal nostro collaboratore Osama Riina. Ovviamente la redazione ci tiene a precisare che questo scritto riflette unicamente le opinioni dell’autore e non di tutto il sito. Decidiamo di ospitarlo perchè contiene alcune cose davvero interessanti.
De alcolismo – PalermoBabylon
di Osama Riina
quarta e ultima parte: TRINKHORN
L’amaro di erbe tedesco Jagermeister è uno dei liquori più bevuti su questo pianeta.
Durante il Nazismo l’amaro Jagermeister veniva chiamata dai tedeschi col nomignolo di “Göring-Schnaps” perché Göring aveva ricoperto la carica di Reichsjägermeister, la professione di dirigere il lavoro dei cacciatori.
Chi guardò la tv negli anni ’90 si ricorderà gli spot con Raz Degan che tanto colpirono gli italiani e le italiane.
Negli ultimi anni le pubblicità in tv sembrano essere diminuite, e la strategia di consolidamento del marchio ha scelto altre vie, più tortuose forse, ma sicuramente fruttuose sul piano della diffusione del liquore il cui simbolo è un cervo con, in mezzo alle corna, una croce che emette raggi.
Mi riferisco al forte legame con il mondo della musica heavy metal intrapreso dai pubblicitari che curano l’immagine del brand jagermeister******.
La musica heavy metal nel mondo è una nicchia di mercato (piuttosto grossa nel nord europa) che si regge sulla passione di migliaia di ascoltatori, collezionisti, musicisti professionisti (pochi) e amatoriali (moltissimi), che spesso condividono il vizio dell’alcoolismo.
Jaegermeister******* batte a tappeto tutti i festival europei, stringe partnership con magazine metal (su tutti, metal hammer e terrorizer, entrambi diffusi su scala europea) ospita nei suoi stand i musicisti che bevono coi fan e firmano autografi prima di esibirsi in festival dai nomi come “hellfest”, “sonisphere”, “bloodstock” o “obscene extreme”.
La strategia è quella di rendere lo Jaegermeister una ‘bevanda metal’, stanno cercando di accaparrarsi lo specifico settore di mercato che include le persone che secondo il vescovo di Trapani e gli imam di Baghdad cedono al vizio, al peccato e a Satana e per i quali bisogna pregare e fare di tutto per evitare tali manifestazioni. Un confuso mix di alcolismo, blasfemismo coprolalico e culti pagani della tradizione norrena, praticato da gente che venera Kerry King, e a Kerry King piace VERAMENTE tanto lo Jagermeister.
E anche in un paese musulmano come la Bosnia l’alce con la croce radiosa, simbolo di sant’Uberto patrono dei cacciatori e della Jagermeister, sponsorizza il Sarajevo Metal Fest.
Visto che il diavolo si nasconde nei dettagli, il festival è sponsorizzato da redbull e jagermeister, i due ingredienti del cocktail più abominevole della storia, chiamato Jaegerbomb.
Alla luce di quanto detto finora, va notato il fatto che le persone cui si rivolge il marketing di Jaegermeister vivono (in maggioranza ma non solo) in paesi laici come gli Stati Uniti o il Nordeuropa, posti in cui i soldi in alcool si spendono parecchio, forse più che in Sicilia, e in cui vescovi, cardinali e imam hanno un peso molto minore nella vita di un consumatore medio di alcool etilico.
Oltretutto, i metallari hanno l’abitudine di riunirsi nei festival estivi in giro per il mondo (e per la Sicilia, ehm…) e il saper posizionare stand Jagermeister con accattivanti pubblicità che sembrano copertine di un disco metal, con corna da cerimonia vichinga dalle quali abbeverarsiaffeziona il cliente nel momento di gioia estatica in quel rito pagano che è un concerto metal di massa.
Per la modica somma di 29.99 euro potrete acquistare sul sito della Nuclear Blast questo pseudo corno vichingo decorato con un simbolo satanico
Il fatto che si tratti di una fetta di mercato composta da uomini spesso soli, dai dodici ai quarantacinque anni, privi del supporto di qualsiasi autorità morale, aumenta le probabilità di contrazione dell’etilismo. Ed è proprio questo che la grande industria dell’alcool vuole. A Palermo e nel mondo.
Più bevi, più ti diverti, più loro guadagnano, più tu ti rovini la salute.
Osama Riina.
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note
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******Come abbiamo visto, le marche di alcoolici legano il proprio nome ad eventi musicali, e non è solo il caso di Forst e Jagermeister: la casa di bourbon Jack Daniels, ad esempio, ha organizzato una tournée con tappe in tutta italia, e anche a Palermo, di concerti di musica alternative/metal/punk
******* La Jaegermeister è storicamente un marchio aggressivo dal punto di vista mediatico. Basti pensare che l’alce con la croce che emette raggi è stato il primo logo commerciale nella a comparire sulle maglie di una squadra di calcio della Germania Ovest, il Braunschweig negli anni Settanta.
Cosa c’è dietro la storia tra Icardi e Wanda Nara? ilfiumeoreto è in possesso di dettagli rimasti finora segreti che ci permettono di capire il motivo dietro questo tradimento.
Prima un breve riassunto.
Il gossip di questi mesi è invaso dalle cronache della love-story fra Mauro Icardi, giovane attaccante dell’Inter, e Wanda Nara, procace show-girl argentina.
Wanda Nara era famosa, oltre che per le sue forme, per essere la moglie del centravanti del Catania Maxi Lopez, col quale aveva avuto tre figli.
Icardi e Maxi Lopez erano molto amici, e partendo da questo dato di fatto vi spiegheremo perchè Icardi ora si tromba Wanda Nara, la madre dei figli di Maxi Lopez, e perchè è costretto a pubblicizzare in maniera ossessiva su stampa e social network il tradimento più odioso che si possa compiere contro un caro amico.
Tutto parte da questa foto:
In vacanza al largo della Sicilia, vediamo tre calciatori argentini che si divertono: da sinistra, Bergessio, Maxi Lopez e Icardi. Con ogni probabilità questa foto è stata scattata dalla stessa Wanda Nara.
In quei giorni di vacanza, tra un buon vino e un arrosto di carne, i ricchi e atletici amici si divertivano a giocare a poker.
In una drammatica mano di Texas Hold Em, Maxi Lopez si è giocato la moglie, e Icardi ha vinto.
Non contento, Maxi ha rischiato. Ha continuato a giocare e a perdere contro Icardi.
Bergessio, in un angolo, si mangiava le unghie.
Icardi aveva vinto il diritto di incularsi Maxi Lopez, ma Wanda Nara, che ha un cuore, ha preferito tramutare questo premio nella possibilità di umiliare pubblicamente il marito, evitando così lacerazioni del retto.
Icardi non solo ha vinto Wanda Nara a poker, ma ha vinto anche il diritto di umiliare pubblicamente l’amico Maxi Lopez, che infatti non ha mai detto una parola sull’accaduto.
Ecco spiegati i retroscena della love story più discussa degli ultimi mesi.