La Sicilia, come sempre, laboratorio politico d’Italia e d’Europa. Dai Forconi alle Crociate (pubblicato il 24 Gennaio 2012)
Il recentissimo movimento dei Forconi è sbocciato in Sicilia, paralizzando l’isola per una settimana.
Ieri, il giorno seguente la fine dell’agitazione, la protesta degli autotrasportatori si è diffusa in tutta Italia.
Storicamente, la Sicilia è stata sempre un passo avanti rispetto all’ Italia per quanto riguarda la nascita di movimenti politici nuovi e travolgenti.
Facciamo una passeggiata a ritroso nel tempo ed elenchiamone alcuni:
1989 la Pantera.
il movimento universitario nato in opposizione alla riforma del ministro Ruberti nacque nel dicembre 1989 alla facoltà di lettere dell’università di Palermo, per poi diffondersi a macchia d’olio in tutta italia.
1970 Le Radio Libere
La prima radio libera della storia d’Italia nacque, naturalmente, in Sicilia, per la precisione a Partinico. Radio Libera Partinico, fondata dal grande Danilo Dolci, fu il primo tentativo di creare una radio clandestina in Italia. Sappiamo che negli anni ’70 in Italia furono centinaia le esperienze similari, ma ciò non toglie che il primo vagito di libera radio in Italia provenne dalle campagne della provincia di Palermo.
Antonio Canepa, leader dell’ EVIS
1946 Costituzione.
Non molti lo sanno, ma l’indipendentismo siciliano post-seconda guerra mondiale spinse il governo provvisorio italiano a ratificare la costituzione dello statuto regionale siciliano il 18 maggio 1946, tre settimane prima del referendum monarchia-repubblica e MOLTO prima che la costituzione italiana venisse pensata, e prima quindi delle altre regioni a statuto speciale, che si limitarono a seguire la strada tracciata dalla Trinacria.
1889-1894 Fasci siciliani
La prima rivolta ad ispirazione marxista della storia dell’umanità? Forse sì, visto che la Comune di Parigi di circa vent’anni prima aveva le sue radici principalmente nel pensiero di Proudhon e di Blanqui. Nella rivolta dei Fasci Siciliani invece, oltre a garibaldini e mazziniani, l’ispirazione marxista era ben più presente. I Fasci Siciliani furono la copia-carbone per tutte le successive rivolte agrarie marxiste di tutta Europa.
1848 Primavera dei popoli
L’anno della “primavera dei popoli” non sbocciò a Parigi, come la vulgata vuole: la prima insurrezione, nel gennaio di quell’anno-simbolo, scoppiò a Palermo in Piazza della Fiera Vecchia; da allora fino ad oggi la piazza cambiò nome in Piazza della Rivoluzione. L’Europa seguì a ruota l’esempio dei black bloc siciliani di metà ottocento.
XIII sec. Le crociate.
anche le crociate sono state, storicamente, un semplice afterhour della presa normanna della Sicilia. Quando il papa Gregorio IX chiese allo stupor mundi Federico II truppe e risorse per la sesta crociata, i nuovi regnanti svevi della Sicilia risposero con un rifiuto sdegnato, sostenendo che loro la crociata l’avevano già fatta, riportando definitivamente la Sicilia alla cristianità dopo il secolare (e tutt’ora rimpianto) governo del Califfato musulmano.
Questi sono i due motivi per andare a vedere il film di Pif La mafia uccide solo d’estate:
1. Perchè è ambientato a Palermo.
2. Perché vi hanno costretto ad andarlo a vedere.
Ecco ora invece i tre motivi per NON andare a vedere il film di Pif La mafia uccide solo d’estate.
1. Per la banalizzazione. E’ francamente irritante il modo in cui Pif ha diviso il mondo: i buoni sono magnificamente, angelicamente, eroicamente buoni, mentre i cattivi sono degli idioti crudeli, grottescamente imbecilli. Pif sembra usare questo stratagemma narrativo per poter deridere la mafia stragista, ma risulta una mossa totalmente inadeguata, almeno per i palermitani che si ricordano quell’epoca. I personaggi reali sono troppo distanti dallo loro messa in scena.
Chinnici, Dalla Chiesa, Boris Giuliano, tutti mandati dallo Spirito Santo a salvare la Sicilia dai draghi e a sorridere al piccolo Arturo donandogli buffetti paterni, lezioni di vita e dolci alla ricotta.
I mafiosi e i loro alleati sono visti invece come dei babbei incapaci di far altro se non violenza e omicidio, dei trogloditi le cui scenette sono quelle che più faranno ridere gli spettatori non-siciliani, beffandosi del modo in cui Riina, Bagarella e soci sono idioti e scemi e brutti e cattivi.(Non a caso il critico cinematografico romano Marco Giusti ha aperto la sua recensione citando proprio le scene comiche più grottesche che nel film hanno per protagonisti i mafiosi). I personaggi reali sono troppo distanti dallo loro messa in scena.
Negli spettatori siciliani questo meccanismo comico rischia di non scattare perché magari ricordano episodi come la deposizione di Michele Greco al Maxiprocesso.
La calma e, in definitiva, lo stile quasi ipnotico dei patriarchi della mafia in catene. Lo stesso Giovanni Falcone in Cose di Cosa nostra parlava del fascino e perfino della contagiosa umanità di moltissimi mafiosi da lui interrogati. Ma Giovanni Falcone aveva a che fare con la realtà, mentre Pif ha a che fare con la fantasia e la realtà la tratta come materia giornalistica, e infatti del maxi-processo fa vedere unicamente le immagini più grottesche di detenuti che urlano aggrappati alle sbarre o che testimoniano su una barella.
Pif alla conferenza stampa di presentazione ha detto: “Da quando sono andato a vivere Milano molte persone mi hanno fatto domande sulla mafia: molti avevano l’immagine di Riina come un contadino, ma io spiegavo che la mafia era anche nella Palermo bene”. Tutto ciò è in contrasto col film che ha girato, in cui i mafiosi sono esattamente l’immagine che un milanese medio o un romano medio possono avere dei mafiosi, e i pochi collusi della Palermo bene sono tratteggiati appena di sfuggita e in maniera poco profonda (non scendiamo nei dettagli per non spoilerare)
La realtà dei fatti è troppo lontana dalla rapresentazione che ne fa Pif e quindi queste gag si basano su un presupposto inammisibile per chi abbia una conoscenza anche minima dei veri personaggi coinvolti.
Per chi invece quei personaggi non li conosce, risate e lacrime di commozione sono assicurate.
2. Per l’eccessiva istituzionalità. Il film è dedicato alla sezione catturandi della Polizia di Palermo e alla memoria dei poliziotti caduti in servizio. E’ stato girato servendosi dell’aiuto di Addiopizzo. E’ frutto di una coproduzione in cui sono in mezzo anche RAImovie ed MTV. Il Presidente del Senato ed ex capo dell’Antimafia Grasso lo ha approvato e applaudito ed è addirittura andato in un cinema dopo 24 anni per andare a vederlo, e il titolo del film è la parafrasi di un libro scritto dal Ministro dell’Interno Angelino Alfano. Tutto ciò si sente un po’ troppo, non c’è dubbio, c’è un’aria pesante di istituzionalità che impedisce una qualsiasi critica seria alle responsabilità del potere politico-economico, che viene dipinto comodamente con l’onnipresente icona pop di Giulio Andreotti, che da solo funge da simbolo del lato-oscuro-dello-Stato, assolvendo Pif da qualsiasi interrogativo sui risvolti più imbarazzanti per le istituzioni. Per questi bisognerà aspettare il prossimo film sull’argomento di Sabina Guzzanti, che probabilmente sarà noiosissimo in confronto a Pif: La mafia uccide solo d’estate è infatti un prodotto ben fatto e perfetto per gli spettatori di Mtv e di Italia Uno, soprattutto per quelli che hanno seguito la carriera di Pif negli ultimi anni.
Il tutto condito da un intento pedagogico-istituzionale reso esplicito dal finale del film.
3. Per i tanti particolari approssimativi. Dallo stentato accento siciliano di Cristiana Capotondi allo stentato accento palermitano di Pif, per non dire del fatto che Pif ha 40 anni e interpreta un 22enne. Inoltre è stato girato quasi due anni fa e il montaggio ha richiesto mesi e mesi di ritardi, qualcosa che in qualche modo traspare dal risultato finale.
In un film che pretende di riprodurre fedelmente i particolari della recente storia palermitana, e in molti casi ci riesce in maniera egregia, stonano alcuni dettagli rivelatori. Geograficamente era complicato all’epoca (lo è ancora oggi) raggiungere un qualsiasi cimitero cittadino partendo dalle zone in cui abitano i protagonisti, e ci riesce difficile immaginare che due ragazzini del genere potessero agevolmente andarci da soli. Pif descrive una città in guerra in cui i due piccoli protagonisti difficilmente avrebbero potuto affrontare un simile viaggio, e quantomeno sarebbe stato interessante mostrare lo scenario umano che potevano incontrare attraversando da un capo all’altro la Palermo dei primi anni ’80. Ma non è questo l’obiettivo del film.
La storia di Pif è una storia antimafia borghese.
Racconta il modo in cui una parte della borghesia palermitana ha vissuto il periodo che va dalla strage di viale Lazio nel 1969 fino agli anni seguenti il terribile 1992, anni in cui la città di Palermo tentava di riprendersi da un periodo di guerra unico nella storia recente dell’Europa Occidentale.
La prospettiva finale del film propone quindi l’ideologia propria di quella borghesia: il Risveglio del popolo siciliano (e dei due protagonisti del film) dopo le stragi, il mito della “Primavera di Palermo”, mito oramai post-Orlandiano, la vulgata (per anni raccontata dal sindaco Ollanno ma ormai patrimonio dei sacerdoti della Religione dell’Antimafia) secondo cui i Lenzuoli appesi alle finestre, l’elaborazione del lutto cittadino, le manifestazioni pubbliche avrebbero sconfitto o quantomeno indebolito la mafia.
Quella stesa borghesia che nel corso degli anni ha applaudito gli arresti eccellenti, ha sventolato agende rosse, ha esultato sotto la questura, ha appiccicato adesivi per dire no al pizzo.
E così ci saremmo liberati, o quasi. Palermo è sicura, la Mafia storica, quei buffoni idioti incapaci del film di Pif, “hanno perso” o quantomeno “stanno perdendo” e marciscono in galera col regime di carcere duro, le cosche sono state “decapitate”, la salvezza è avvenuta grazie ad un pantheon di personaggi quasi antitetici, Impastato e Borsellino, Pietro Grasso e Ingroia, Dalla Chiesa e Falcone, Saviano e Pio La Torre. Un mazzo di veri e propri santini laici da cui pescare la citazione da mettere su Facebook o nelle interviste.
Se questa visuale va bene per raccontare una storia (e bisogna dire che il film è abbastanza ben fatto per quanto riguarda la ricostruzione plastica degli ambienti, delle situazioni, delle esplosioni, della carta da parati dell’epoca), lascia molte perplessità dal punto di vista politico quando non si fosse pronti ad accettare la Religione dell’Antimafia.
La Religione dell’Antimafia è quella cosa che prende i santini dei “martiri” antimafia e li sventola alla rinfusa, senza ricordarsi di ciò che effettivamente dicevano gli stessi martiri e di ciò che avevano fatto in vita.
Nello specifico, Paolo Borsellino diceva che Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo, con tutto ciò che il termine “guerra” e il termine “accordo” comportano per il popolo siciliano, aggiungiamo noi.
Per ora non c’è guerra, quindi le cose sono due: o con la reazione alle stragi degli anni ’90 lo Stato ha vinto e ha sconfitto la mafia, oppure ci si è messi d’accordo per fare cessare le violenze,
Secondo la visione di Pif, la catarsi c’è stata e la Palermo buona ha demolito la Palermo cattiva, o quantomeno c’è ottimismo per il futuro.
Ma non è detto che le cose stiano esattamente così. E soprattutto, anche se la mafia “non ha vinto” e i giudici hanno spezzato la spirale terroristica, le cose in Sicilia non sono migliorate. Violenza, disoccupazione, clientelismo, ignoranza e tutti gli altri mali endemici della Sicilia sono ancora dominanti. Le vaste operazioni di polizia hanno cancellato il dominio dei corleonesi, ma la società civile osannata da Pif non ha migliorato le condizioni di vita.
Abbiamo scritto questa recensione lunghissima ma potevate fermarvi al primo rigo: questo film andrebbe visto solamente perché è ambientato a Palermo.
A prima vista, la vergognosa azione della Santanché alla moschea di Milano non è tanto diversa dall’azione delle Pussy Riot in una cattedrale di Mosca per la quale le attiviste russe sono state condannate a due anni di carcere duro.
Entrambe le azioni miravano a puntare il dito contro la connivenza delle religioni organizzate con un potere politico-religioso che opprime il popolo.
La Santanché contro il burqa, le Pussy Riot contro il sostegno della Chiesa ortodossa alla politica di Putin.
Ma, guardando più a fondo, ci sono delle enormi differenze.
Innanzitutto, le azioni delle Pussy Riot andavano contro la maggioranza al potere, mentre la vergognosa azione della Santanché andava contro una minoranza che in Italia spesso è costretta a subire la protervia razzista.
Poi, la Santanché è un ricco imprenditore nonchè parlamentare, mentre le Pussy Riot sono delle attiviste senza arte nè parte, quindi è evidente lo squilibrio di potere.
Però ci sono delle analogie.
L’ateismo militante (in questi casi accostabile ai teorici della difesa delle radici cristiane) spesso cade in contraddizioni atroci, e non sorprende che una certa destra neoconservatrice tenti di sfruttare la pretesa superiorità occidentale proprio sul terreno della laicità.
Marine Le Pen guadagna consensi perché ha spinto il Front Nationale a lasciare perdere l’antisemitismo per concentrarsi sull’islamofobia, in difesa dell’identità laica e femminista francese.
Proprio così, la destra (assieme a una parte della sinistra più “laicista”) usa il femminismo contro la minoranza islamica.
Nel video qui sopra potete ammirare il futuro sognato da Santanché, Brunetta, cattolici tradizionalisti e atei militanti: una donna col niqab (che in Italia chiamano burqa) viene perquisita per strada e denunciata in base al suo credo religioso.
Come potete vedere, in Francia le donne col burqa o con il niqab vengono discriminate, e ci sembra questo l’obbiettivo delle campagne razziste della Santanché, che nasconde a malapena la sua xenofobia dietro il velo del femminismo, della presunta difesa delle donne musulmane “costrette” a indossare il burqa.
Renato Brunetta oggi ha fatto la seguente dichiarazione:
«se ci fosse bisogno di una conferma a proposito di come va la giustizia in Italia, ecco la sentenza contro l’onorevole Daniela Santanchè, condannata a quattro giorni d’arresto per aver civilmente manifestato contro il burqa, vera prigione in cui stanno rinchiuse donne rese schiave anche in Italia. Mi domando: chi è l’estremista? Lei o il Tribunale che l’ha condannata?».
In pratica, secondo questo pericoloso schema mentale razzista, le donne musulmane, incapaci di prendere decisioni autonomamente, vanno difese per mezzo delle spettacolari azioni di Santanché e delle parole di Brunetta, paladino delle donne e campione del femminismo.
Va sottolineata, infine, la grandissima dignità della comunità musulmana milanese nel reagire a questa provocazione.
Immaginate un politico musulmano che la domenica di Pasqua andasse fuori da una Chiesa alla fine della Messa Pasquale, accompagnato da decine di giornalisti e telecamere, senza nessuna autorizzazione, urlando insulti e bestemmie contro i fedeli cristiani.
Immaginate la reazione dei fedeli cristiani quale sarebbe stata.
A Milano, un fedele musulmano col braccio ingessato non riuscì a tollerare in silenzio la blasfemia della Santanché, e decise di rischiare la galera (è stato infatti condannato a decine di migliaia di euro di multa) per opporsi alla provocazione indegna di un parlamentare italiano.
Laicismo, difesa delle radici cristiane, islam, femminismo, non sono parole vuote, scudi dietro cui difendere qualsiasi istanza politica.
Bisogna avere la capacità di capire quando questi valori vengono sbandierati in maniera sincera e quando invece sono delle armi al servizio dei potenti.
Oggi pubblichiamo la seconda parte di un “saggio” intitolato pomposamente ‘De alcolismo – PalermoBabylon’ , inviatoci dal nostro collaboratore Osama Riina. Ovviamente la redazione ci tiene a precisare che questo scritto riflette unicamente le opinioni dell’autore e non di tutto il sito. Decidiamo di ospitarlo perchè contiene alcune cose davvero interessanti.
De alcolismo – PalermoBabylon
di Osama Riina
seconda parte – fatwā
Oltre a dare lavoro, l’alcool tramite l’indotto soddisfa l’esigenza dei palermitani (e degli italiani) di svago post lavoro, o di disperazione pre lavoro, o di disoccupazione post non lavoro, o di pensione irascibile.
L’alcool è il collante sociale di un’ampissima umanità.
L’indotto rappresenta l’oro nascosto dell’industria e della cultura dell’alcool.
Don Verzè, ospite in prima serata di Antonella Clerici, parlò del vino (da lui prodotto in Brasile) come “medicina di conoscenza”, termini velatamente gnostico-esoterici;
D’altro canto, la cultura e l’arte sono legate a doppio filo all’alcoolismo: decine di secoli prima delle immortali quartine sul vino di Omar Khayyam, in Grecia c’era Alceo. A Palermo oggi c’è Luigi Maria Burruano (uno tra i migliori attori italiani in attività), degno erede di questa tradizione greca e musulmana.
In Italia e a Palermo (e forse pure a Baghdad) l’alcoolismo è un “bene” per la società: i soldi spesi dagli italiani per ubriacarsi fanno aumentare i consumi, il paniere ISTAT include gli alcolici, e se si vendono meno alcolici a Natale (!) l’intera economia ne risente.
A questo punto, chi sono gli utopisti?
I religiosi (imam di Baghdad, abbiamo visto, e anche vescovoni della provincia siciliana, che incontreremo nella terza parte di questo scritto) i quali si scagliano contro questa droga sociale, oppure i libertari creativi delle agenzie di marketing che lavorano per conto dei marchi di alcoolici, o ancora gli estremisti atei di destra o di sinistra, tanto i fascisti quanto i centri sociali, che nelle loro serate intonano veri e propri inni all’alcoolismo, e che basano le proprie entrate su chi si ubriaca ogni sera, contribuendo così “con la propria pietruzza alla causa” dell’alcool, scambiando euro per innumerevoli Peroni, Moretti, Forst, Franziskaner (chiamata dagli addetti ai lavori “u parrinu”, per via del frate sull’ etichetta****)?.
Franziskaner.
“Francescano”.
U parrinu.
Il prete.
L’imam.
I negozi bruciati.
Le epatiti e le emorroidi e i disturbi gastrici che rodono gli abitanti della Conca d’Oro.
Gli incidenti stradali mortali per guida in stato di ebrezza.
Ma l’alcol è un fattore ineliminabile dell’economia e della cultura e della medicina del mondo contemporaneo, quindi ben vengano i minorenni alcolisti.
Inoltre, i brand dell’alcool mondiali e palermitani si battono con buoni mezzi e ottimi risultati nel mercato culturale per imporre il loro prodotto come stile di vita.
Diciamo anche che l’umanità ha conosciuto e patito le gioie dell’alcoolismo da millenni prima della nascita delle agenzie di pr e marketing, quindi queste ultime stanno avendo gioco facile sull’umanità palermitana e mondiale.
Nei prossimi capitoli analizzerò l’azione mediatico-culturale di due diversi brand di alcoolici, uno a livello mondiale ed uno a livello palermitano, scoprendo diverse analogie e qualche differenza.
note.
**** L’europa è piena di birre con stampate sulle etichette le immagini di frati in abito talare con il volto gonfio e arrossato e il boccale pieno di birra in mano. Queste facce di vecchi alcolizzati servi del signore vengono distribuite ai minorenni senza nessuna remora. Cosa direbbero gli imam? Qualsiasi cosa direbbero, chiunque dovrebbe dirsi d’accordo.