Edoardo Sanguineti, parlando di Ciprì e Maresco ma anche di Pasolini, diceva che il peggio che può capitare ad un artista eversivo è di essere celebrato dai propri nemici; vedere quindi Hollande, Sarkozy, Angela Merkel e il presidente turco Davutoglu marciare uniti al grido di “Je suis Charlie” è la dimostrazione che il messaggio di Charlie Hebdo era facilmente strumentalizzabile dal potere che invece sosteneva di combattere.
Continuiamo la riflessione sui fatti di Parigi e sul tipo di satira proposta da Charlie Hebdo.
Negli ultimi cinque giorni questo blog ha ricevuto il numero di visite che di solito riceve in due mesi, segno che forse il nostro discorso ha toccato alcune corde non sfiorate dai maggiori commentatori.
Innanzitutto chiariamo qualcosa che è bene ripetere dopo aver pubblicato questo articolo.
Se noi fossimo stati a Parigi, molto probabilmente saremmo scesi in piazza in solidarietà con Charlie Hebdo: è assolutamente inaccettabile una strage simile, e nessun tipo di satira fascistoide (come lo era a volte quella di Charlie Hebdo) può meritare una rappresaglia del genere.
Proviamo però a ribaltare il framing, la narrazione dominante.
Questa è la narrazione dominante:
La Libertà d’Espressione, Valore tipicamente Europeo, va tutelata dai fanatici di tutte le Religioni: quindi è un atto di Coraggio pubblicare le Vignette, anche le peggiori, perché solo così, con le Armi della Libertà, vinceremo il Terrore dell’Oscurantismo. I Musulmani devono rispettare i Valori Europei, per cui noi siamo pronti a Morire.
Cosa rispondere ad un discorso di questo tipo? Noi risponderemmo così.
Un giornale della borghesia francese si diverte, al solo fine di attirare l’attenzione, a violare ripetutamente uno dei principali precetti dell’Islam. In Francia (una nazione che da secoli occupa militarmente gran parte del mondo musulmano africano) vivono 6 milioni di musulmani, molti dei quali “integrati” (cioè membri della borghesia) e molti altri “non integrati” (cioè poveri delle periferie). I “non integrati” possono avere tre strade: la fatica, la malavita o la religione. Nel caso dei killer di Parigi, sono tutte e tre le cose: operai, rapper, piccoli spacciatori, che in carcere incontrano gente che li converte ad una versione oltranzista e letteralistica dell’Islam. Evidentemente, il risentimento nei confronti di un sistema che ti emargina è paglia che arde facilmente al fuoco della violenza. La Haine.
(trovate le differenze tra l’immagine qui sopra e l’immagine qui sotto)
La violenza insensata e vergognosa dei killer di Parigi non scalfisce però di una virgola il giudizio su molte delle scelte artistiche di Charlie Hebdo: puro odio, disprezzo per le vittime di un colpo di stato, condita da una inutile raffigurazione blasfema del corano fatto di feci, un modo sicuro di attirare l’attenzione. Se fai una battuta su un massacro occorso poche ore prima, dicendo che in fondo il Corano non salva dalle pallottole, stai dalla parte del potere, dei generali golpisti. Sarebbe come se, in nome della Libertà di Stampa, facessimo una vignetta in cui Charb, con una smorfia e gli occhi a X, si ripara dalle pallottole con una copia marrone di Charlie Hebdo trapassata dai proiettili, col titolo: “Massacro di Parigi: Charlie Hebdo è una merda! Non ripara dalle pallottole!” hahaha, giusto? dobbiamo ridere, giusto?

Naturalmente qualcuno ci ha già pensato
Certo, si può obiettare che Charlie era di sinistra, a favore di Gaza e contro la famiglia Le Pen. Questo è certamente vero. Ma sapevano benissimo che per avere l’attenzione globale bastava disegnare Maometto. Nessuno a livello globale li avrebbe cacati di striscio altrimenti, e Wolinski l’erotomane sarebbe ancora tra noi.
Reificare Maometto a forza, come le signore francesi che strappavano il velo alle tunisine negli anni ’50 in nome del Femminismo (Charlie Hebdo naturalmente adorava un fenomeno come le Femen). Introdurre a forza un cambiamento radicale nell’Islam dai propri salotti borghesi parigini, tra un patè, un vino buono , una tetta e un quadro da 50mila euro. In Francia, la terra dell’Odio.
Perché in Italia queste cose non succedono? Uomini politici del centrodestra di Lega e PDL hanno osato blasfemie molto più estreme di Carlie Hebdo, ma qui la situazione è meno tesa. Non ci sono banlieu, non ci sono colonie. Ma è solo questo?
Perché in Sicilia, la porta attraverso cui arrivano in Eurioa gran parte dei migranti musulmani, non ci sono mai state manifestazioni contro l’immigrazione? Perché qui i rapporti sono tendenzialmente pacifici e c’è meno odio?
Ancora, perché i vignettisti italiani pensano ad altro? Forse perché sono più scarsi? O forse perché hanno altre priorità rispetto a quella di insultare una religione minoritaria, propria dei ceti generalmente più bassi e delle ex colonie?
BORAT; SOUTH PARK
Qui non si tratta di non poter fare satira sull’Islam. Un paio di anni fa, uno stand up comedian americano diceva che lui non faceva battute sull’Islam “because, come on.. who knows a shit about Islam?” e questa candida ammissione (oltreché pregevole battuta) è generalmente valida. Nel cosiddetto “Occidente” non è facile ridere sulle cosiddette “minoranze”. Bisogna essere bravi per non risultare stupidi o addirittura fascistoidi (come a volte capitava a Charlie).
Ci sono infatti due esempi di satira abbastanza estrema sui musulmani che presentano lati interessanti, a nostro avviso artisticamente ben più riusciti della blasfemia di Charlie Hebdo.
South Park nel Luglio 2001 (precisamente il 4 Luglio!) disegnò Maometto e nessuno disse niente, perché prima della guerra in Iraq e Afghanistan la situazione era così, molto tranquilla. Poi nel 2006 ci fu un caos per due puntate in cui South Park mostrava Maometto. In realtà si trattava di due puntate mozzafiato, esilaranti e sceneggiate magistralmente, in cui Maometto era disegnato con il volto coperto, quindi non era realmente rappresentato . Un modo poetico e realmente graffiante di professare il proprio ateismo militante, privo di quegli estremismi inutili fatti da chi cerca soltanto attenzione. In altri episodi (in cui la raffigurazione di Maometto venne censurata dalla rete) sullo stesso argomento si parla anche della libertà d’espressione artistica e dei limiti e della qualità dell’espressione satirica, una lezione che a Charlie Hebdo non hanno imparato.
Gli autori di South Park, Stone e Parker, hanno anche raccontato in maniera perfetta la retorica guerrafondaia della War on Terror contrapposta alla retorica pacifista in Team America, altro film esilarante e genuinamente satirico, al di là del punto di vista espresso.
Un ulteriore esempio abbastanza riuscito è The Dictator, il cui autore spesso ha impersonato personaggi di fede musulmana o di altre minoranze. Il suo Dictator cammina sul filo ma Baron Cohen non è uno sprovveduto e riesce a tenersi in equilibrio grazie anche alla potenza del suo corpo comico. Il monologo finale dimostra come la camminata sul filo (raffigurata visivamente poco prima) riesca alla perfezione, un concentrato esplosivo di satira contro il potere, fatto recitare ad un perverso dittatore musulmano di fronte all’ONU. Nulla a che vedere, converrete, con il Maometto fallico riproposto ancora da Charlie Hebdo nella prima pagina dopo l’attentato, argomento trito e ritrito del più vacuo ateismo militante da tastiera. Ancora e ancora e ancora, senza risparmio reifichiamo Maometto, accaniamoci contro una minoranza per il diritto alla libertà d’espressione.
“Democracy looks like a midget in a chemo wig”
South Park e Sacha Baron-Cohen hanno usato sull’Islam e sui musulmani una satira senza sconti, hanno subito minacce ma la loro arte si situa su un piano di ricerca estetica ben superiore alla mera derisione della vittima usata talvolta da Charlie Hebdo.
Adesso ci troviamo in una situazione di crescente islamofobia, su cui speculano in molti. Crescono, in Francia, Germania, Svezia e Olanda, gli attentati incendiari contro le moschee. Quel che è peggio è che all’ondata islamofoba si accompagna una ondata antisemita, con gli ebrei francesi che piangono quattro vittime e che si ritrovano continuamente bersaglio di possibili attentati. Netanyahu li invita ad andare in Israele, ma non siamo sicuri che lì la situazione sia più tranquilla.
Democracy kisses you when she wants to, not because the father is in the next room chained to a radiator with electrodes attached to his nibbles.
La beffa finale, quasi mortificante per Charlie Hebdo, la notizia che definitivamente li pone, pur da vittime, dalla parte del potere, è giunta ieri.
Dieudonné, altro pessimo esempio francese di satira al servizio dell’odio, è stato indagato per aver scritto su internet “Je suis Charlie Coulibaly”, e per aver pubblicato la vignetta su Charb che avete ammirato sopra.
Ormai i blasfemi vignettisti di Charlie Hebdo, da morti, sono diventati talmente Sacri che se un altro comico osa prenderli in giro, viene subito indagato.
Un feroce contrappasso per dei vecchi bestemmiatori libertari che avevano subito infinite cause legali, che non hanno rinunciato a deridere nessuno, neanche i morti ammazzati. Tristemente, ma ironicamente, tocca a loro essere derisi dopo l’assassinio.