Il cadavere di Oriana Fallaci bacia benissimo. Giuseppe Rizzo su Rivista Studio.

Continuare, nel 2014, a esaltare la figura di Oriana Fallaci significa condividere il razzismo, il colonialismo e la mentalità genocida della scrittrice fiorentina. Rizzo lo fa sulle patinate e autorevoli pagine di Rivista Studio.
Oriana Fallaci è un personaggio che andrebbe lasciato a Borghezio e a Breivik, che la adorano, e invece viene celebrata su Rivista Studio, un pretenzioso mensile di cultura e letteratura.
Lo scrittore Giuseppe Rizzo mette in scena un remix di interviste alla Fallaci, preceduto da una sua intollerabile introduzione.
Intollerabile come l’occhiello proposto dai redattori della rivista, che qui riproponiamo:
È nata durante la guerra, ha – a suo modo – combattuto i nazisti, si è battuta per i diritti civili, per la democrazia e per la libertà. Fino alla trilogia finale, l’inasprimento supremo di tutte queste sue battaglie. Che non sono state capite da tutti.

Rivista Studio sostiene che le “battaglie finali” della Fallaci “non sono state capite da tutti”. Quindi se esistono persone che “non l’hanno capita” la colpa è loro, non del razzismo esplicito proposto dalla Fallaci. Un insopportabile ribaltamento della realtà. Vediamo cosa “non avremmo capito”, noi lettori critici, riguardo il razzismo e la xenofobia della Fallaci.

Anche se i nostri ospiti [gli extracomunitari] sono assolutamente innocenti, anche se fra loro non c’ è nessuno che vuole distruggermi la Torre di Pisa o la Torre di Giotto, nessuno che vuol mettermi il chador, nessuno che vuol bruciarmi sul rogo di una nuova Inquisizione, la loro presenza mi allarma. Mi incute disagio. E sbaglia chi questa faccenda la prende alla leggera o con ottimismo. (brano tratto da La rabbia e l’orgoglio)

 

“anche se sono pacifici, gli extracomunitari mi mettono a disagio”.
Uno scempio del genere Rizzo lo definisce “la retorica dell’eccesso in ogni giro di frase“, noi, che evidentemente non abbiamo capito Oriana Fallaci, lo chiamiamo razzismo. Puro e semplice razzismo, ancora più grave visto che è espresso da un’intellettuale così famosa e ascoltata.
L’operazione di Rizzo è assolutamente indegna: sostenendo che la Fallaci “è una delle più grandi scrittrici che l’Italia abbia mai avuto” se ne giustifica l’elogio. Una forzatura smaccata. A nostro avviso, se dovessimo stilare una lista dei cinquanta più grandi scrittori italiani degli ultimi duecento anni, la Fallaci non sarebbe nell’elenco. Lei sarebbe certamente tra gli autori più venduti, accanto a gente come Fabio Volo o Giobbe Covatta.

Attenzione, non vogliamo dire che Oriana Fallaci non sapesse scrivere, o che scrivesse male. Scriveva molto bene, ma era una razzista. Come già i suoi colleghi toscani Indro Montanelli e Giovanni Sartori, ad una innegabile abilità con la penna si accompagna una visione del mondo razzista e xenofoba. Le due cose non si escludono, ma Rizzo dimentica di informare i suoi lettori che “la grande scrittrice” Oriana Fallaci era una razzista. Ci dice che “non fu capita” e che ricorda lo stile di Hunter S. Thompson, ma non ritiene importante sottolineare la esplicita propaganda razzista che la Fallaci diffuse a piene mani, già da prima dell’Undici Settembre 2001.

Un’altra affermazione odiosa da parte di Rizzo è che la Fallaci “sarebbe stata ingiustamente dimenticata” dal pubblico italiano.
A noi sembra che i suoi libri siano in bella mostra in ogni grande catena di librerie di questo paese. La sua autobiografia postuma ha venduto decine di migliaia di copie. Il Corriere della Sera, che ospitò pagine e pagine dei suoi delirii razzisti, ripropone in versione economica i libri scritti dalla Fallaci.

Sono altri gli scrittori dimenticati in Italia, e Rizzo dovrebbe saperlo. Invece piagnucola sul fatto che gli italiani la avrebbero dimenticata.
Senza fare la lagna su quanto l’Italia l’abbia dimenticata e quanto non la meriti, esercizio replicabile all’infinito, qui trovate un po’ di queste cose, dette direttamente da lei. 

Concludiamo cercando di definire quale sarà il lascito di Oriana Fallaci alla cultura italiana ed europea,la sua eredità intellettuale, riassumibile in due parole: odio razziale

Non si tratta solo di odio come scrive Rizzo. L’odio può essere nobile, ma l’odio per gli stranieri “in quanto stranieri” è qualcosa di infame. Questa è l’unica eredità intellettuale lasciataci da Oriana Fallaci.
E’ stata lei a inquinare il dibattito pubblico diffondendo neologismi tipo “Eurabia”, usati oggi dai più fascisti e dai più xenofobi partiti europei. Dimenticarlo, come fa Rizzo, è un’operazione di maquillage storico insopportabile.

Breivik, l’autore della strage di Oslo, era un grande fan della Fallaci. Come Rizzo. E come Rizzo la riteneva una grande scrittrice. Però, a differenza di Rizzo, Breivik aveva capito la lezione di Oriana Fallaci e ha agito di conseguenza.

Per Tony Blair e Christian Rocca il caos in Iraq è colpa di Bush!

Incredibilmente Christian Rocca, un tempo massimo sostenitore della politica guerrafondaia di Bush, dà la colpa all’ex presidente per il caos in cui è sprofondato l’Iraq in questi giorni.
Allo stesso modo, Tony Blair, un tempo alleato di Bush, critica la facile retorica con cui l’ex alcolista texano aveva “chiuso” la guerra in Iraq.
Vediamo un po’.

Tony Blair, in un articolo sull’Independent in cui cerca di scrollarsi di dosso le responabilità gravissime per la situazione attuale, sostiene che la sicurezza dell’Iraq è un obiettivo “da raggiungere nell’arco di una generazione, in cui non è possibile ottenere una vittoria netta e definitiva”. In inglese, “This is a generation long struggle. It is not a ‘war’ which you win or lose in some clear and clean-cut way. There is no easy or painless solution. ”
Ci sembra questa una feroce critica al “missione compiuta” pronunciato da Bush nel 2003. La missione doveva durare per decenni ancora secondo Blair, che si scaglia così contro le manie di protagonismo dell’ex alleato. C’è da dire che nel 2008 fu lo stesso Bush a dirsi pentito di aver pronunciato quel discorso, ammettendo di aver “dato il messaggio sbagliato” definendo “compiuta” una missione che undici anni dopo è peggio di prima.

Secondo Rocca, invece, l’errore mortale di Bush è stato quello di ritirare le truppe dall’Iraq, permettendo ai terroristi dell’Isis di riorganizzarsi.
Un errore madornale, compiuto da un presidente che Rocca ha sempre apprezzato.
Vediamo cosa scrive in questo articolo:

“Il capitolo Iraq è il più complesso. Obama era contrario all’intervento, definito “dumb war”, guerra stupida. La promessa era di ritirare tutti i soldati americani entro la fine del primo mandato. Una promessa già calendarizzata da Bush e dal premier iracheno Nouri Al Maliki in un trattato formale tra Stati Uniti e Iraq che prevedeva il ritiro parziale entro il 2010 e quello definitivo, di tutti i soldati americani, entro la fine di quest’anno. Ora Obama sta pensando, su richiesta dei suoi militari e di Baghdad, di rompere quella promessa e superare il trattato Bush-Maliki e di lasciare in Iraq un contingente militare. Al vaglio ci sono due ipotesi: quattordicimila uomini oppure, più probabile, tre o quattromila.
Obama si è circondato degli stessi collaboratori di Bush per combattere la guerra al terrorismo scatenata da Al Qaeda.”

Fu Bush a pianificare il ritiro delle truppe dall’Iraq per il 2010/2011, quindi è colpa sua se, come sostiene il Washington Post, “i terroristi, ormai quasi sconfitti, senza la presenza americana hanno avuto il tempo di riorganizzarsi e ora stanno prendendo in mano il paese”. Obama si è limitato a seguire le tappe stabilite da Bush e dal governo Iracheno.
Ma c’è di più. Nello stesso articolo il Washington Post accusa Obama di non aver dato ascolto ai suoi generali che chiedevano di mantenere tra i 18mila e i 4mila soldati in Iraq per controllare la situazione.

Ebbene, nell’articolo di Rocca sopracitato, questa decisione viene attribuita a Obama, nel tentativo di rafforzare il framing “that’s right” scelto da Rocca, per cui gli “obamiani italiani” sono degli ingenui che non si rendono conto che Obama sta continuando la politica estera di Bush, tutt’altro che pacifista.
Ora il caos in Iraq sta cambiando le carte in tavola, e i neoconservatori americani tanto graditi a Rocca stanno puntando su Hillary per una nuova stagione di interventismo in Medio Oriente. Delegittimando in questo modo la campagna giornalistica di Rocca degli ultimi otto anni, tutta tesa a dipingere Obama come un seguace della dottrina Bush.

hillarocca

La nazionale italiana campione nel 1934 aveva più “stranieri” di quella del 2014.

forza nuova merda

In questi giorni di Mondiale di calcio, vari fascisti non riescono a esultare per le vittorie della nazionale italiana.
Il motivo? il fatto di avere due “oriundi” (Paletta e Motta, entrambi di chiare origini italiane) più Mario Balotelli, uno dei simboli globali dell’Italia nel mondo nonché l’incubo di nazionalisti e fascisti italiani ossessionati dal colore della pelle.

 

halsted idiozia
Questi idioti intasano internet con frasi del tipo “Un tempo la nazionale era composta da veri italiani, ora è uno schifo multirazziale! puah!”
Oltre ad essere insopportabilmente razzisti sono anche insopportabilmente ignoranti riguardo la squadra allenata da Vittorio Pozzo.
Vediamo un po’.
Enrique Guaita, detto el Indio, nato in Argentina, segnò il gol decisivo contro l’Austria in semifinale nel 1934 e fornì l’assist per il gol che valse la finale. Dopo aver giocato nell’Italia, tornò a vestire la maglia della nazionale argentina. Un vero nazionalista fieramente italiano, non c’è che dire, tanto che passò gli ultimi anni della sua vita in Sudamerica.
Raimundo Orsi, nato in Argentina e morto in Cile, stella dell’Independiente e della Juventus, segnò nella finale dei mondiali 1934. Anche lui finì la carriera giocando nella nazionale argentina. Un vero italiano, altro che Balotelli.
Anfilogino Guarisi, detto Filò, brasiliano, giocò sia nella nazionale brasiliana che in quella italiana campione del mondo nel 1934. Era talmente attaccato alla Sacra Patria Italiana che, anche lui, tornò a vivere in Brasile già nel 1936.
Atilio Demaria, anche lui campione del mondo nel 1934, era argentino e anche lui tornò a vivere in patria dopo aver appeso le scarpe al chiodo.

E’ vero che nel 1938 di oriundi non ce n’erano.

Ma è da idioti criticare la nazionale per la presenza di Motta, Paletta e Balotelli.

Motta e Paletta, abbiamo visto, hanno avuto illustri predecessori in maglia azzura.
L’Italia è un paese di emigranti, e ci sta che per motivi calcistici decidano di ritornare per lavorare nel paese degli avi. Tutte le nazionali africane, o anche il Galles e l’Irlanda, schierano giocatori nati in altri paesi ma figli di emigranti.

Khalilou Fadiga, nazionale senegalese che sconfisse la Francia nel 2002, disse che conosceva molto meglio le strade di Parigi rispetto a quelle di Dakar. La nazione è una comunità immaginata, chiunque può sentirsi parte di qualsiasi comunità immaginata, basta volerlo.

Per i razzisti invece la PATRIA è qualcosa di sacro, e cercano di utilizzare la storia per dare credito alle loro odiose teorie.

In casi come questo, arrivando a rimpiangere la nazionale di Vittorio Pozzo perché composta da “veri italiani”, i fascisti italici si coprono di ridicolo. Per loro è insopportabile che l’italiano più famoso del mondo sia Balotelli, ed è a loro che mandiamo questo saluto.

balo

 

 

Farage avrebbe truffato il Parlamento Europeo per più di 200mila euro

La Commissione Elettorale inglese sta esaminando la campagna elettorale di tutti i partiti e ha trovato alcune anomalie nei conti dell’Ukip.

Il partito di Farage avrebbe chiesto contributi al Parlamento Europeo per oltre 200mila euro annui al fine di pagare le spese di una sede del partito. Una cosa perfettamente legale.

Il problema è che si è scoperto che la sede veniva fornita gratuitamente da un militante del partito. Lo ha ammesso lo stesso Farage.

Interrogato a proposito subito dopo le elezioni, aveva detto di essere disposto a fare esaminare i suoi conti da un osservatore indipendente, se ciò poteva aiutare a chiarire, salvo poi rimangiarsi quest’affermazione una volta che doveva aprire i libri contabili.

Farage si difende dicendo che quei soldi sono una allowance e lui può spenderli come preferisce, ma in realtà non può comprarci la birra e deve dimostrare di usarli per l’attività politica. Inoltre, tutti gli europarlamentari inglesi hanno rendicontato tramite istituzioni terze le spese effettuate coi soldi dell’Unione Europea, soldi delle tasse degli europei. I rendiconti degli altri politici inglesi li trovate sui siti internet dei Tories, dei Laburisti e dei Lib-Dem. Farage è l’unico che ha rifiutato questa misura di trasparenza.

In pratica ‘sto buffone si pone come antidoto alla corruzione morale di Bruxelles e poi si intasca soldi indebitamente per pagare spese inesistenti.