Mario Monti è più ignorante della Gelmini?

In questi giorni abbiamo letto un ottimo articolo di Alberto Prunetti pubblicato su Carmilla. Una spiegazione lucida di ciò che sta avvenendo in India in questi giorni, che prende spunto dai deliri giornalistici e istituzionali che stanno accompagnando le due vicende degli italiani ospitati forzatamente nel subcontinente indiano.
Nel finale dell’articolo Prunetti ci regala una chicca che ci era sfuggita:

PS: Il presidente del consiglio Monti parlando davanti a una platea di ufficiali ha pronunciato il termine Kerala sbagliando l’accento, come se fosse una parola piana e non sdrucciola. Probabilmente il professore sull’India non è granché preparato, ma una cosa buffa, che la dice lunga sull’indipendenza critica dei nostri mezzi di informazione, è il fatto che immediatamente alcuni telegiornali italiani, a cominciare da La7, hanno “copiato l’errore” dal professore, spostando l’accento sulla penultima sillaba.

Oltre all’errore, è divertente notare la condotta fantozziana dei conduttori di la7, che proprio come Fantozzi non hanno il coraggio di correggere i propri superiori…Grifizz!!

Ora, noi vorremmo semplicemente ricordare le pubbliche umiliazioni subite dall’ex ministro Gelmini quando, parlando alla Camera, disse egìda al posto di egida.
Se fu giusto allora prendere di mira un ministro dell’istruzione incapace di leggere correttamente un testo scritto da altri, rimaniamo stupiti dal fatto che solo Alberto Prunetti abbia scovato questa defaillance linguistica del Premier.
Il Kerala è uno stato dell’India con 33 milioni di abitanti e ci sembra davvero indecente che Mario Monti, soprannominato “il professore”, ex rettore e attuale presidente della Bocconi (in aspettativa finchè non finisce il suo lavoro a Palazzo Chigi) si produca in uno strafalcione del genere.
La Gelmini era quello che era. Monti è certamente più preparato, ma è significativo che i giornali abbiano lasciato passare inosservata una tale dimostrazione di ignoranza.

In questa scuola del Kerala Mario Monti potrebbe imparare molte delle cose che non sa.

Solidarietà ai ghanesi arrestati a Peschiera del Garda


Cosa succede in Veneto? Di cosa parlano i giornali e le tv locali?
Oggi parlano anche dell’operazione dei carabinieri contro un gruppo di ghanesi, detenuti per un reato del codice penale che è un insulto alla povertà e all’ambiente.
Furto di immondizia. Avete capito bene, queste persone sono state arrestate per avere evitato che alcuni elettrodomestici finissero nelle discariche.
I ghanesi andavano presso le isole ecologiche per raccogliere gli elettrodomestici PERFETTAMENTE FUNZIONANTI che i veneti bianchi inspiegabilmente buttano.
Il reato, secondo noi, dovrebbe essere quello di disfarsi di oggetti perfettamente funzionanti, data la situazione drammatica delle discariche italiane.
Invece, i carabinieri hanno arrestato chi si è impegnato per salvare l’ambiente da un inutile sfregio.
Il sindaco di Peschiera del Garda dovrebbe dare la cittadinanza onoraria a questi uomini che recuperavano frigoriferi, radio, televisori, lavatrici per portarli in Africa e guadagnarci sopra, in maniera non proprio legale, ma a nostro avviso legittima (o comunque più legittima degli imprenditori veneti che sfrattano intere comunità dalle loro terre) .
I veneti, un popolo un tempo povero e fiero di esserlo, da un po’ hanno conosciuto la ricchezza e di conseguenza un tracollo morale vertiginoso, che li spinge a buttare il MIVAR perfettamente funzionante per comprare uno schermo al plasma grosso quanto una parete.
Sono loro a dover essere arrestati. Disfarsi di apparecchi elettronici funzionanti è un reato contro la comunità ben più grave di quello commesso dai cittadini ghanesi.
Speriamo che la popolazione di Peschiera del Garda faccia le barricate fuori dal palazzo del Comune per chiedere l’immediato rilascio degli arrestati.
Abbiamo la sensazione che questo evento non si verificherà, e i veneti rimarranno a casa di fronte ad uno scintillante schermo al plasma guardando film polizieschi.

E’ morto il patriarca copto Shenouda III

Ci tocca annunciare con tristezza la morte del patriarca copto di Egitto, Shenouda III.
E’ una notizia drammatica per la comunità copta egiziana, visto che Shenouda III aveva “..cambiato il modo di intendere il patriarcato, senza preoccuparsi di parlare pubblicamente dei problemi della comunità e di scontrarsi coi politici quando necessario”, come riferisce al Los Angeles Times Rafik Habib, scrittore copto egiziano.
Possiamo renderci conto della disperazione dei dieci milioni di copti egiziani se pensiamo che al funerale del patriarca ci sono stati tre morti per asfissia.
Al funerale ha assistito lo stesso patriarca defunto, imbalsamato e fatto accomodare su un trono ligneo per permettere alla folla di entrare in contatto visivo per l’ultima volta con l’amata guida carismatica di un intero popolo.


I Fratelli Musulmani,  tutte le forze politiche e diversi esponenti del mondo musulmano egiziano si sono uniti al cordoglio dei cristiani copti e hanno reso omaggio al carismatico leader scomparso.
Vi segnaliamo, qualora vi interessasse saperne di più, questo dettagliatissmo articolo in italiano di Samir Khalil Samir su Asianews.it, che racconta i rapporti non sempre facili di Shenouda III con la chiesa cattolica, con Israele e con i diversi poteri egiziani.

Non possiamo che unirci all’augurio di Samir nel finale dell’articolo, nella speranza che il sinodo sia in grado di eleggere al più presto un nuovo patriarca forte e autorevole capace di guidare la chiesa copta, rimasta orfana di una guida così carismatica e autorevole.

Il segreto del carisma di Giovanni Paolo II

A breve, il 2 Aprile, sarà l’anniversario della morte per eutanasia di Karol Wojtyla, in arte Giovanni Paolo II.
E’ innegabile che fra lui e il suo successore Joseph Ratzinger ci siano profonde differenze nel modo di proporsi all’umanità.
Oggi parleremo dei metodi con cui Wojtyla ha costruito il proprio ruolo carismatico e la propria immagine pubblica.
Innanzitutto rispetto a Ratzinger ci sono delle fondamentali differenze storico-biografiche: GPII divenne papa a 58 anni, BXVI a 78; un bell’uomo atletico, sciatore e dal buffo accento slavo avrà maggior presa sulle persone rispetto a un quasi ottantenne dal marziale accento tedesco.
Ma lasciando stare le contingenze storiche, che pure ebbero un peso notevole, per capire il segreto dell’eccezionale carisma del papa polacco ci rifaremo all’ultimo capitolo di un denso volume di storia del cristianesimo, Chiesa, Pace e Guerra nel Novecento, scritto da Daniele Menozzi e pubblicato nel 2008 per Il Mulino editore.
Il capitolo in questione descrive l’atteggiamento di Wojtyla nei confronti di temi come la dottrina della guerra giusta, la pace, l’anticomunismo, le armi nucleari eccetera.
Su questi argomenti Wojtyla, nel corso del suo pontificato, ha detto tutto e il contrario di tutto, e secondo Menozzi riscontriamo una difficile compatibilità delle parole pronunciate in occasioni diverse.
Perchè questa incoerenza?
La risposta a questa domanda svela uno dei segreti del suo carisma in tutto il mondo; Wojtyla non scriveva da solo i suoi discorsi e le sue omelie: soprattutto nel corso dei viaggi, le parole da lui pronunciate erano scritte da altri, spessissimo da esponenti del clero locale.


Andava in Polonia e leggeva discorsi scritti da preti polacchi, in Sicilia da preti siciliani, in Sudamerica da preti sudamericani, ecetera eccetera.
Questa è una delle ragioni per cui, ovunque andasse, radunava folle immense di fedeli adoranti, che rimanevano abbagliati dalla forza delle sue parole. Discorsi scritti da esponenti delle varie chiese locali, sicchè inevitabilmente essi risentono di un ampio spettro di sensibilità e di accenti diversi.

Partendo da quest’assunto, Menozzi mostra con chiarezza un altro pilastro del carisma di GPII. Riportiamo il passo integralmente perchè sarebbe difficile sintetizzare meglio:

Giovanni Paolo II, profondamente convinto del suo ruolo carismatico – fondato in ultima analisi sulla convinzione di una relazione privilegiata tra il successore di Pietro e il divino – potrebbe dunque aver affidato l’unitarietà dei suoi interventi, più che alla precisione dei termini dei suoi discorsi, piegati, nelle diverse circostanze, alle varie e specifiche contingenze e opportunità del momento, al fatto che essi sono pronunciati da una persona in grado di attirare attenzione, suscitare emozione, aggregare consenso, in una sorta di apostolato basato sull’olistica identificazione tra il papa e la chiesa.

Menozzi ci spiega magistralmente qualcosa che molti di voi avrete sicuramente notato da soli: l’identificazione tra papa e chiesa avvenuta con Wojtyla non si è ripetuta con Ratzinger. Specie negli ultimi anni Wojtyla era diventato inattaccabile per il suo potere carismatico. A parte gli anticlericali più accaniti, GPII era un simbolo intoccabile tanto a destra quanto a sinistra.
Ratzinger al contrario ha dovuto barcamenarsi prima con la scomoda eredità del suo predecessore, e ora con varie accuse, denunce, veleni, addirittura minacce di morte che potrebbero spingerlo clamorosamente alle dimissioni, il cui ultimo precedente storico sarebbero quelle del molisano Celestino V, il papa che viene insultato da Dante nella Divina Commedia.
In conclusione possiamo dire che i segreti del potere carismatico di Giovanni Paolo II sono stati fondamentalmente due: il fatto di parlare all’estero con le parole delle varie chiese nazionali, più vicine al cuore dei fedeli, unito alla convinta consapevolezza della propria potenza carismatica (derivata direttamente da Dio) ha permesso a Wojtyla di diventare l’uomo più amato e ascoltato del mondo durante i suoi 27 anni di pontificato.

Protetto: Christian Rocca cambia idea sulla carta stampata

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OLArNDO SINDACO

In questo periodo di veleni post-primarie, ci pare appropriato ricordare un periodo in cui Palermo, dai quartieri popolari ai salotti altoborghesi, si stringeva attorno al condottiero cittadino di fine anni ’80, l’ex sindaco Leoluca Orlando.

Questa scritta è stata fotografata alle spalle di piazza Kalsa, vicino ad una delle chiese più magnifiche del barocco europeo.

Probabilmente la prima versione era OLANDO SINDACO.

Possiamo immaginare il dialogo che è seguito:

“ou pezz’i cos’inutile, viri c’un ci mittissi a erre”

“minchia talè! aspè ca cià mìatto”

Un attimo di indecisione, e poi la bomboletta va a inserire la erre fra la “a” e la “n”.

Questa scritta, che il tempo sta consumando (come già è avvenuto per la ben più recente scritta alla vucciria) esprime il forte sostegno popolare di cui Leoluca Orlando ha goduto negli anni dei suoi trionfi politici.

ADDORMENTARSI DURANTE LA MASTURBAZIONE

Questa immagine ci ha colpito:

COPYRIGHT Umberto Pizzi

Con una disposizione iconica tipica di ogni cafonal di dagospia.com, il sito di gossip politico ci racconta la presentazione del libro dello storico Angelo Varni sulla storia del Corriere della Sera, avvenuta in via Solferino a Milano il primo Marzo 2012.

L’obiettivo di Umberto Pizzi ha pizzicato diversi partecipanti assopiti, insonnoliti, abbioccati, sbadiglianti, intorpiditi o semplicemente addormentati.

In un qualsiasi ospizio sarebbe normale vedere tanti anziani seduti e assonnati.

In questo collage vediamo lo stesso identico spettacolo, solo che la cornice è un convegno nella sede del più prestigioso quotidiano italiano, e i protagonisti sono sì in là con gli anni, ma rivestono ancora ruoli di comando nell’industria culturale.

Sociologi di chiara fama, megadirettori, giuristi, storici autorevolissimi, giornalisti decorati, presidenti di corso di laurea, boiardi di stato, titolari di cattedre a vita.

Il fatto che il dibattito tratti della storia delle prime pagine del Corriere della Sera dalla sua fondazione nel 1876 agli anni ’50 rende il tutto ancora più grottesco: questi uomini potenti parlano di sè stessi e di chi li ha preceduti, celebrano sè stessi e si addormentano nel farlo.

Il giornalismo che parla di giornalismo.

La storia che parla della storia.

Anziani che parlano di altri anziani con altri anziani, e si addormentano durante la conversazione.

Il sonno che prevale sulle parole.

La corrosione dei tessuti organici è direttamente proporzionale al rango.

Poesia popolare e poesia di corte nel reame di Berluschonia

una prima pagina del Giornale diretto da André Breton

Ecco tre esempi, scelti a futura memoria, di poesia cortese, anzi cavalleresca, anzi cavalieresca risalenti al 2010-2011 d.C.; due di questi sono classificabili come poesia popolare, opera dei commentatori del sito ilgiornale.it: il primo offre una nuova prospettiva storica per il personaggio Berlusconi, l’altro insinua, con uno stile sperimentale e graffiante, il dubbio che l’antiberlusconismo sia solo frutto d’invidia. Il terzo frammento è opera direttamente di una giornalista (di cui occultiamo il nome per non macchiarne la reputazione) del Giornale berlusconiano, che si produce in una portentosa adulazione dell’allora ministro Carfagna.
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Silvio Berlusconi è già una leggenda:solo contro tutti per ridare prestigio al’Italia in un momento di grande crisi internazionale. La sua figura si erge accanto a quelle dei grandi signori italiani del rinascimento,dai Medici,agli Sforza,ai D’Este. Quando si ritirerà le sue ville verranno sistemate come le grandi dimore del passato ed arricchite di opere d’arte che testimonieranno il genio italiano ed europeo di questo secolo. Anche i suoi amori saranno ricordati ed i tradimenti inflitti e subiti. Correlativamente i nomi dei sinistri finiranno nel dimenticatoio assai presto tranne Renzi che è un grande di suo. Scommettiamo? Solo gli imbecilli sghignazzano.Ma c’è da riflettere e capire in silenzio,cosa è riuscito a fare questo diavolo di uomo. Ma per carità ognuno lo critichi a piacimento.Nessun culto della personalità. Ha voluto la bicicletta…pedali.

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sentenzio#1
venerdì 14 gennaio 2011 22.42.01
ma come siete curiosi,siete peggio dei guardoni e pervertiti.HO siete gelosi??????ma!!!!!

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affusolata aristocerbiatta di porcellana. Indossa il bon ton senza menarcela col bon ton, la ministra. Unghie corte, trucco leggero, gioielli dosati, gesti eleganti. E sembra che sia sempre stata nient’altro che questo: una signora.
La Carfagna è un miracolo dal collo lungo. Una sorpresa con una padellata d’occhi.

“affusolata aristocerbiatta di porcellana”. Evidentemente gli standard dei lettori del Giornale sono talmente elevati da costringere i giornalisti a superarsi per raggiungere tali vette di poesia barocca.
Probabilmente, Mara Carfagna prima di diventare ministro era una “affusolata cerbiatta di porcellana”. La nomina l’ha fatta avanzare di grado, fino a raggiungere lo status di “aristocerbiatta”.