La gestione dell’ordine pubblico della finale di Coppa Italia è stata perfetta.

Chiunque abbia frequentato qualche partita o qualche corteo “a rischio disordini” sa che lo Stato in queste situazioni può comportarsi in due modi: normale o brutale.
Nell’ultimo quindicennio spesso le forze dell’ordine hanno agito in modo brutale, ma altrettanto spesso sono riuscite a gestire situazioni complicate senza problemi e senza eccessi.

Immaginate di dover gestire ciò che si è presentato alle ore 20:30 allo Stadio Olimpico di Roma.
30.000 fiorentini contro 30.000 napoletani. tifoserie che si odiano.

I 30.000 napoletani sono pienamente decisi a non far giocare la partita per rispetto nei confronti dei napoletani feriti in circostanze poco chiare, le cui condizioni sembrano disperate.

Cosa fareste?

Noi faremmo di tutto per far svolgere la partita, ed evitare che 30.000 napoletani furiosi si riversino per le strade di Roma.

Non ci sembra affatto uno scandalo il colloquio con un delegato della Curva napoletana.
Ci sembra una gestione dell’ordine pubblico basata sul dialogo e sulla comprensione della concitata situazione psicologica delle folle.

Invece gli italiani si indignano come sempre. La Carogna, davanti alle più alte cariche dello Stato, decide se e quando giocare e in che condizioni, che vergogna signora mia.

Si ripresenta qui l’antica frattura della pubblica opinione italiana sulla necessità, o meglio, sulla moralità del trattare coi criminali, dai brigatisti ai mafiosi ai dittatori vari. Tommaso Gennaro è l’ultimo simbolo di una barriera culturale e politica fra chi pensa che bisogna “sporcarsi le mani” per amore della pace e chi invece è pronto allo sterminio pur di mantenere le mani pulite.

Lo Stato ha fatto quello che doveva fare, ha parlato, ha dialogato con i rappresentanti della curva e ha fatto svolgere la partita, evitando possibili ripercussioni pesanti. Ha agito in modo egregio, per una volta va ammesso.

Quel dialogo (ammesso che ci sia stato) fra le forze dell’ordine e un presunto camorrista con indosso una maglietta inneggiante ad un ragazzo condannato per l’omicidio di un poliziotto, quel dialogo rappresenta un ottimo spaccato di democrazia in un paese difficile come l’Italia. Riaccende la speranza, è un segnale di pace e dialogo fra fazioni divise da antico odio che nell’ultimo centocinquantennio hanno dato vita a vere e proprie piccole guerre.

Per concludere, va fatto un plauso alla gestione mediatica degli eventi da parte dello Stato.
Hanno agito egregiamente ma in maniera più oscura rispetto al cosiddetto Lodo Carogna.

Sarebbe a dirsi, non hanno ripetuto l’errore commesso ai tempi della morte di Gabriele Sandri.

Lì fecero uscire una prima versione unica (la rissa fra tifosi) che fu presto smentita, e i succesivi tentativi non fecero altro che gettare benzina sul fuoco.

Questa volta hanno sparato centinaia di versioni diverse, gestendo le emozioni in modo oscuro ma efficace.
Agguato ultras?
Scontri con la polizia?
Romanisti vs Napoletani?
Agguato camorristico?
Il ferito è un poliziotto?

Le notizie si rincorrono una dopo l’altra. Ognuno diceva la sua, era difficile capire chi come e quando, anche perché numerosi erano i focolai di tensione nella zona dello stadio.

Era difficile capire e lo è ancora adesso, ma l’opinione pubblica si era già compattamente sdegnata online. Poi la partita comincia, e immaginiamo che i fotomontaggi su Tommaso Gennaro abbiano cominciato a circolare agli inizi del secondo tempo.

I cori finali oi vita oi vita mia dei napoletani che chiudevano in festa la tragedia pomeridiana rappresentano una vittoria delle forze dell’ordine nella gestione di una situazione complicatissima.