Perché non ci sono state insurrezioni dopo la sentenza su Stefano Cucchi.

arresti-e-droga
Stefano Cucchi era un drogato.
Anche Federico Aldrovandi era un drogato.
Pensiamo che sia lecito affermare che entrambi questi poveri ragazzi sono stati uccisi proprio perché erano dei drogati. O meglio, anche e soprattutto per tale ragione ebbero a crearsi le condizioni del loro maledetto incontro coi tutori dell’ordine.
In pratica una condizione sociale (il consumo di sostanze stupefacenti vietate) influisce sul modo in cui lo Stato interagisce con questa categoria umana, quella dei drogati.
Pensate se Aldrovandi e Cucchi e molti altri fossero stati uccisi a causa di una qualsiasi altra condizione sociale considerata negativa dalle forze dell’ordine.
Pensate se fossero stati bastonati a morte perché omosessuali.
In casi del genere, la comunità omosessuale avrebbe sicuramente reagito in maniera compatta a questo orrendo sopruso, come già è accaduto in più occasioni nel nostro paese.
Ora, pensate se Cucchi e Aldrovandi fossero stati uccisi a causa della pelle più scura di quella dei poliziotti.In casi del genere, la comunità interessata avrebbe sicuramente reagito in maniera compatta, come già è accaduto Pensate se Cucchi e Aldrovandi fossero stati ammazzati perché comunisti, o perché ultras.

In casi del genere, la comunità comunista o ultras avrebbe reagito in maniera compatta al sopruso, come già è accaduto in passato per Gabriele Sandri, Carlo Giuliani.

Bene, purtroppo in Italia non esiste una lobby dei drogati che abbia un peso pur minimo all’interno del dibattito pubblico nazionale, sebbene gli italiani continuino a consumare tonnellate su tonnellate di stupefacenti illegali ogni mese da decenni.

I gruppi di interessi, le lobby e le comunità militanti di varie altre formazioni sociali “di minoranza” (omosessuali, fascisti, migranti, comunisti/centri sociali/antagonisti, ebrei, ultras, etc) riescono a fare sentire la propria voce ogniqualvolta si rendono conto di aver subìto un’ingiustizia da parte delle istituzioni.

Per ognuno di questi gruppi sociali è facile identificare personalità pubbliche** che, col prestigio delle loro opinioni, possano compattare in un comune sentire la voce del gruppo sociale in questione.

Per i drogati non esiste niente di tutto questo.

I gruppi di pressione per la riduzione del danno nel consumo, i gruppi promotori della cannabis terapeutica, i pochissimi sostenitori delle “stanze del buco” in Italia non hanno voce.

Non hanno rappresentanza. Non viene dato loro spazio. Nessuno gli parla.

I drogati sono milioni in Italia.

Milioni di giovani e adulti che si divertono ogni sera, col terrore di incontrare una volante.

Senza una cultura della droga e del rispetto dei drogati, senza figure pubbliche che riescano a sensibilizzare l’opinione nazionale sul tema del consumo ricreativo di droga, dobbiamo aspettarci migliaia di altri casi simili alle tragedie di Cucchi, Aldrovandi e tantissimi altri.

In moltissimi paesi del mondo queste questioni sono state affrontate e risolte, o quantomeno si sta provando.

Dalla Svizzera alla California, dalla Spagna all’Olanda fino al Colorado il consumo di alcune droghe è legalmente permesso; in Sudamerica e in altri paesi d’Europa si comincia a produrre qualche sforzo nella stessa direzione.

Intellettuali, personalità pubbliche, leader politici sostengono pubblicamente e a gran voce la causa*** della legalizzazione.

In Argentina un milione di persone si è riunita nelle strade di Buenos Aires per affermare la propria volontà di fumare erba in tranquillità.

In Italia dopo gli exploit di Pannella negli anni ’90**** c’è stato il nulla più assoluto.

Il fatto che in seguito a questi due scandalosi delitti non si sia levata alta la voce di un ipotetico popolo dei drogati a difesa dei propri interessi è molto significativo, significa che la politica, i media e le istituzioni non concedono spazio a discorsi di questo tipo, negano il diritto di parola a circa cinque milioni di italiani, tra il 12 % e il 15% della popolazione.

———————————————————————————————————————

*usiamo la parola “frocio” soltanto per catturare la vostra attenzione. Una cretinata che abbiamo già fatto molto spesso, mettendo nel titolo parole come froci terroni donne incinte kamikaze musulmani e ebrei che parlano come Mussolini. Visto che vi offriamo poche cose e di qualità medio bassa dovete accollarvi questi titoli idioti da tabloid, poi vedete voi.

** Soltanto per quanto riguarda i gruppi citati e riferendoci soltanto ai politici si possono trovare decine di volti, pensate poi alla gente dello spettacolo, mentre per i drogati il solo Pannella, che da tempo non ne parla neanche più. Gli altri drogati politici/vip parlano male della droga. Che stupida ipocrisia, anche perché (continua al prossimo asterisco..)

***Quello che la gente non capisce è che la causa della legalizzazione sarebbe un business redditizio per tutti: per lo Stato che ci guadagnerebbe in tasse e in risparmi di spesa carceraria; per gli imprenditori e per l’economia, per il turismo: se la gente faceva la fila per andare a Lugano a fumare, pensate cosa succederebbe se i turisti potessero fumare liberamente sulle colline toscane, o sulle spiagge sarde e salentine o sulle gondole a Venezia. Negli Stati Uniti, dove esiste una forte lobby pro cannabis, i grandi marchi l’hanno capito e legano il proprio brand a testimonial delle canne, guardate, ad esempio, questo video di Adidas e Snoop Dogg.

In Italia un timido tentativo c’è stato da parte della Konami con PES dei Club Dogo, di cui ci siamo già occupati.

****Negli anni ’90, se vi ricordate, oltre a Pannella che gettava il fumo alle folle c’era anche una canzone che andava in tutte le radio il cui testo parlava della gioia di fumare le canne, Maria degli Articolo 31.

La “non elevata cultura” è una attenuante in caso di omicidio. Analfabeti e imprenditori di tutta Italia, lucidate le spranghe.

Oggi la Cassazione del tribunale di Milano ha eliminato le aggravanti a carico dei due commercianti milanesi che tre anni fa uccissero a sprangate Abdul Guiebre detto Abba, che oggi avrebbe 22 anni e allora ne aveva 19.
Riportiamo un passo dell’articolo del Corriere della Sera (edizione di Milano) sull’argomento.

In particolare, la prima sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 31454 depositata mercoledì, ha rilevato che i giudici del merito non hanno dato adeguata motivazione circa l’aggravante: «l’indagine omessa in funzione della valutazione della sussistenza o meno del futile motivo – si legge nella sentenza – è proprio quella attinente alla componente psichica soggettiva che indusse i Cristofoli, persone di non elevata cultura, reduci da una pesante notte di lavoro e pronti a continuare la loro attività nel bar, a reagire, seppure del tutto sproporzionatamente sul piano oggettivo, al piccolo furto commesso ai loro danni dai giovani stranieri al culmine di una notte di pellegrinanti evasioni che li rese particolarmente disinibiti e scanzonati al cospetto degli affaticati e suscettibili derubati».

Leonardo Sciascia, uno dei più grandi cervelli che la Sicilia ha donato al mondo nell’ultimo secolo, aveva a suo tempo evidenziato la sintassi grottesca del gergo giudiziario.
Nel nostro piccolo vorremmo continuare questo lavoro analizzando alcuni degli elementi più scandalosi di questa sentenza:

persone di non elevata cultura
I due assassini (ricordiamo i nomi di chi ha commesso tale infamia: Fausto e Daniele Cristofoli, PADRE E FIGLIO) sarebbero persone di “cultura non elevata”. Due piccoli imprenditori non analfabeti non possono aspirare a far parte dello stesso terreno culturale di chi le sentenze le scrive.
Impossibile non pensare al torturatore che in Germania abusò per settimane della propria compagna e subì una condanna mite perchè il tribunale gli riconosceva l’attenuante di essere sardo, quindi appartenente ad un popolo per natura violento e possessivo.
I giudici di Milano usano l’espressione “di non elevata cultura” che, oltre a perpetuare quel pensiero classista che reputa ignorante chiunque non abbia una laurea, rischia di diventare un pericoloso precedente per la giurisprudenza italiana.
Fausto e Daniele Cristofoli erano i titolari dello Shining Bar, quindi erano due (piccoli) imprenditori. Per fare tale mestiere bisogna saper leggere, scrivere e far di conto, quindi sicuramente non erano analfabeti.
Fausto Cristofoli aveva letto l’Etica Nicomachea di Aristotele?
Daniele Cristofoli conosceva il greco antico?
Qual è il requisito minimo che fa distinguere una persona di elevata cultura da un’altra di non elevata cultura?
Una laurea in Giurisprudenza?
Una dichiarazione dei redditi superiore ai 70mila euro l’anno?
A Flavio Briatore o ad Antonio Cassano verrebbe riconosciuta l’attenuante della “cultura non elevata” se dovessero uccidere a sprangate in testa un diciannovenne?
La maggior parte degli assassinii di mafia avvenuti in Sicilia negli anni ’60 ’70 ’80 e ’90 del Novecento erano opera di analfabeti o semi-analfabeti. Anche in tal caso varrebbe l’attenuante?

reagire sproporzionatamente al piccolo furto compiuto da alcuni stranieri.
Qui il giudice che ha scritto la sentenza o è in malafede o è ignorante: Abdoul Guiebre aveva la cittadinanza italiana, NON ERA STRANIERO. Pur essendo nato in Burkina Faso era italiano. Il giudice dovrebbe saperlo.
Non vorremmo pensare male, ma inserire l’espressione “alcuni stranieri” all’interno di una SENTENZA DEL TRIBUNALE sembra davvero una cosa inutile, per non dire discriminatoria: a chi importa la nazionalità di chi compie un “furto” (di un pacco di biscotti)? Il fatto che fossero “stranieri” (cosa NON VERA) potrebbe valere come attenuante? Implicitamente è questo il messaggio che il giudice fa passare nella sua sentenza.

Un altro piccolo segreto del successo: l’umiliazione di Karol Wojtyla

Un paio di settimane fa abbiamo parlato di due aspetti poco noti del pontificato di Giovanni Paolo II. Andate a rileggervi l’articolo se vi va di capire come quest’uomo costruì la propria magia carismatica.

Oggi parleremo di un terzo trick usato da Wojtyla per diventare imbattibile e guadagnare consensi.

Ci riferiamo al fatto che Giovanni Paolo II chiese scusa per le malefatte dei suoi predecessori sul soglio di Pietro.

Chiese scusa per Galileo. Chiese scusa per le crociate e per le violenze dei secoli precedenti.

Una mossa furbissima, che non gli è costata niente ma che gli ha fatto guadagnare il rispetto anche dei laici e dei non credenti.

Ecco come si esprimeva qualche anno fa Galli della Loggia su quest’argomento:

‘Il bilancio storico non può che chiudersi su Giovanni Paolo II. Cosa pensi dei suoi mea culpa?’ – Della Loggia risponde -:’Da un lato, provo un’impressione negativa, perché chiedendo perdono il Papa genera un fortissimo pregiudizio storico: l’idea che fosse possibile per la Chiesa non fare le crociate, non creare l’Inquisizione, non battezzare con la forza gli indios. Mettere le cose sul piano del perdono cancella tutte le ragioni storiche: è il trionfo di un punto di vista moralistico sulla storia, cosa che per uno che fa la mia professione è inaccettabile. Però, in realtà, chi si umilia si esalta, chi chiede perdono è più forte di chi non lo fa. Nessuno nel 900 ha chiesto perdono, né Hirohito, né i nazisti, né i membri del Politburo. La Chiesa si candida a essere l’unica e vera autorità morale del ventunesimo secolo’

Chiedendo perdono Wojtyla ha amputato alla radice qualsiasi critica anticlericale basata sulle nefandezze della chiesa nei secoli passati: l’argomento-crociate o l’argomento-Galileo non poteva più venire usato contro Wojtyla, visto che lui rinnegava tutto ciò.

Un bluff che contribuì parecchio alla creazione di quell’aura di intoccabilità che ha circondato Giovanni Paolo II.

Il fatto poi che lui stesso, pur in maniera ondivaga e autocontraddittoria, continuasse a esaltare gli uomini di chiesa in armi o a giustificare la violenza, come abbiamo già spiegato nell’altro articolo, non ha inficiato la comune percezione di un papa “veramente pentito” per i crimini del passato, e quindi di fatto innocente, o comunque migliore rispetto ai suoi simili.

Cosa per niente vera, visto che la svolta di umiliazione e scuse all’umanità è stata decisa di concerto da tutto lo staff papale.

Leggete come l’allora cardinale Ratzinger, nell’inedita veste di PR, lasciava trapelare alla stampa che

“Sarà una cerimonia, che non ha precedenti storici”, promette il cardinale Joseph Ratzinger. Giovanni Paolo II, circondato dai cardinali nella basilica di San Pietro, pronuncerà ad alta voce “l’ atto di confessione delle colpe”, abbracciando e baciando un antico crocifisso in segno di venerazione e di richiesta di perdono. L’ elenco dei peccati è lungo. Monsignor Piero Marini, cerimoniere del Papa, prova ad elencarli: “Violenza contro i dissidenti, guerre di religione, soprusi nelle crociate, metodi coattivi dell’ inquisizione, scomuniche, persecuzioni, divisioni, che hanno provocato divisioni fra i cristiani, disprezzo, atti di ostilità nei rapporti con il popolo ebraico, peccati contro l’ amore, la pace, i diritti dei popoli, il rispetto delle culture e delle altre religioni in concomitanza con l’ evangelizzazione, peccati contro la dignità umana:verso le donne, le razze, le etnie, peccati nel campo dei diritti umani fondamentali della persona e contro la giustizia sociale..”

Divertente che il papa chieda perdono per la “violazione dei diritti umani” per fatti avvenuti secoli prima che i diritti umani venissero teorizzati. Un modo di leggere la storia a casaccio, ma di sicuro effetto.

Insomma, un rito deciso a tavolino per guadagnare consensi, cosa in cui Wojtyla era davvero un maestro.