Una preghiera per Totò Riina

Un anno fa un giudice ha negato ad un detenuto malato il diritto di potersi curare in clinica.

Oggi quel detenuto sta malissimo ed è stato trasportato all’ospedale in condizioni gravissime, stando alle ricostruzioni giornalistiche.

Siamo di fronte all’ennesima barbarie del sistema carcerario italiano.

Tutta Italia spera che il detenuto muoia, ed è intimamente d’accordo con la decisione del giudice di negargli il diritto alla salute.

Noi vi invitiamo a pregare per quel detenuto, affinché si rimetta, anche perché una sua morte in queste circostanze sarebbe un ulteriore simbolo della malvagità istituzionale del sistema penale italiano.

Gente come Travaglio e tutti i suoi accoliti da decenni strepita ogni qual volta si parla di indulto o di misure più umane di detenzione. Questa gente, il Fatto Quotidiano in primis, ha segnato l’imbarbarimento morale e civile degli italiani in generale e di una parte della sinistra in particolare.

Ricordiamo che due decenni fa, quando il clima culturale era leggermente più salubre, quando Falcone e Borsellino non erano due santini ma due persone che potevano anche essere criticate, bene in quei tempi si parlava del 41 bis come forma di tortura; si dibatteva se un paese civile dovesse o meno accanirsi così sui criminali, e se misure del genere fossero o meno un deterrente al crimine.

Oggi è considerato quasi troppo poco; ma sono circa vent’anni che gente come Travaglio e Di Pietro e Grillo martellano le menti degli italiani, quindi non ci stupiamo di niente.

(Travaglio in alcuni articoli si lamenta della chiusura delle carceri di Pianosa e dell’Asinara, dei dungeon ottocenteschi che neanche il Conte Dracula avrebbe il cuore di usare. Ma stiamo parlando del Fatto quotidiano, al cui confronto i vampiri sono fior di democratici).

In un’Italia che non si ritiene in grado di rieducare i criminali, noi tentiamo di mantenere un briciolo di umanità o, per chi ci crede, di carità cristiana, e preghiamo affinché un povero vecchio assassino trovi la pace, in questo mondo o in quell’altro. Più probabilmente nell’aldilà, dove non avrà a che fare con inquisitori così sadici.

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il tracollo morale della città di Padova: il caso di Riina junior e l’invasione di cavallette

Quando si vuole chiamare Padova in un modo diverso da “padova” si dice “la città del santo”.
Il santo, per quei pochi che non lo sanno, è sant’Antonio
In questi giorni a Padova si parla del caso dell’accoglienza, in una struttura di recupero stabilita dal tribunale e secondo le leggi dello Stato Italiano, del pluripregiudicato Salvuccio Riina.
Il sindaco(pd) e il presidente della provincia(pdl) hanno detto espressamente che non vogliono ospitare il giovane Riina. Non vogliono “problemi”, non vogliono “carichi pesanti”.
Se i padovani, come sostengono i loro rappresentanti politici, non desiderano ospitare il percorso rieducativo di Salvatore Riina jr vuol dire che non capiscono il valore che potrebbe avere la presenza di quell’uomo nelle loro terre.
Difettano anche dei valori del cristianesimo: il perdono, il pentimento, la penitenza.
Riina potrebbe riscoprire Dio nella “città del santo”, proprio come è accaduto a Spatuzza nel confessionale del carcere.
Padova potrebbe dimostrare all’Italia e al mondo la propria statura morale accogliendo a braccia aperte il giovane siciliano, dimostrandosi così una città sensibile al perdono e adatta ad un percorso di riconversione morale.
Evidentemente padova non è nelle condizioni di dare lezioni morali ad un giovane pregiudicato della provincia di Palermo. E lo dicono chiaramente, il sindaco (pd), il presidente della provincia (pdl) e i consiglieri leghisti, che hanno buttato fango su Tina Ciccarelli, educatrice a capo della onlus “Noi famiglie padovane contro l’emarginazione”, che meritoriamente e coraggiosamente ha ottenuto di poter accogliere nella sua struttura Riina jr.

Tina Ciccarelli ci sembra l’unico unico lampo di carità e umanità rimasto nella città.

Da notare che un altro familiare di Totò Riina viene ospitato, senza isterismi o dichiarazioni di guerra, in un’altra zona d’Italia, che forse ha più familiarità con i valori di perdono e carità umana.

Di questo i padovani dovrebbero prendere atto, di non ritenere la propria città un posto adatto alla rieducazione di Salvatore Riina jr, manco fosse un’invasione di cavallette.