Questa pubblicità, nello specifico, apparve nel 1942/43 sul Corriere della Sera.
E’ probabile che il 26 Luglio 1943, il giorno dopo la caduta di Mussolini, i lettori del Corriere abbiano visto questa pubblicità accanto alla notizia dell’arresto dell’ex Duce.
Seni, gambe amputate, linfatismo: sembra un incrocio fra una televendita di Mastrota e i banner pubblicitari più spudorati rintracciabili sulla rete.
Internet è piena di banner pubblicitari che invitano a passare le vacanze in Israele.
Fondamentalmente, il ministero del turismo ha due grosse fette di mercato cui rivolgersi qui in Italia (negli Stati Uniti i canali si moltiplicano vista la presenza massiccia di ebrei americani):
1- il turismo religioso, per cui si fa pubblicità tramite le chiese cattoliche che trasportano gruppi di fedeli nei luoghi della Natività di Cristo e negli altri siti sacri al cristianesimo.
2- Il turismo giovanile da spiaggia-discoteca, per cui la pubblicità via Internet sembra essere la miglior soluzione. Tel Aviv, assieme a Beirut, il Cairo e Ramallah è una delle capitali del divertimento della zona. Nelle numerose discoteche sul lungomare si alternano dj tra i più rinomati del mondo per quanto riguarda i generi di musica elettronica chiamati Goa e Trance .
Ieri il Daily Mail ha pubblicato la foto sopra, una soldatessa in bikini che pattuglia una spiaggia israeliana con un grosso mitra a tracolla. Le didascalie e i doppi sensi dell’articolo si sprecano: le curve sono “molto pericolose” e “nessuno si azzarderebbe mai a calpestare il castello di sabbia di questa signorina”.
Già nel 2007 il Ministero degli Esteri aveva promosso una campagna sulle bellezze in divisa dello Tsahal, l’esercito israeliano. Una macchina militare molto esigente, visto che pretende tre anni di servizio militare obbligatorio agli uomini e due alle donne, pena la perdita dei diritti civili e politici.
Secondo voi, perchè la politica israeliana promuove la circolazione di queste immagini?
A noi sembra un raffinato meccanismo mediatico, volto a stimolare la simpatia per Israele in un determinato settore dell’opinione pubblica.
Chiudiamo proponendovi un video quasi da feticisti delle divise; ovviamente protagoniste sono le belle e disinibite soldatesse di Israele.
Il profilo youtube che ha caricato il video si chiama letteralmente “IDFgirlsRhot”, ossia “le soldatesse israeliane sono bone”. Noi diremmo che, più in generale, “le ragazze israeliane sono bone”, visto che (come le siciliane) sono frutto di un mescolamento di popolazioni euromediterranee, quindi non sorprende che sia in Sicilia sia in Israele si trovino tanti tratti somatici diversi, particolari e affascinanti. Che poi le ragazze siciliane non siano costrette a girare armate, è un altro discorso.
Guerra e capezzoli, lucidalabbra e mitra, effusioni lesbiche ed armi chimiche.
Difficile dare giudizi, o delimitare un confine netto fra il narcisismo digitale di diciottenni in guerra e lo sfruttamento mediatico di un immaginario erotico/militare da parte del potere.
Twitter per certe cose è davvero un merdaio, un merdaio nel senso letterale.
Nei merdai, ossia negli spazi adibiti a deposito di feci, proliferano virus e schifezze che, in condizioni igienico-sanitario precarie, vedono il diffondersi di ogni agente patogeno e possono portare alla creazione di epidemie.
#supportcocacolla è una di queste, un piccolo agente patogeno semi innocuo che sguazza e prolifera in una latrina culturale.
Un breve riassunto
Un sito di “creativi” italiani sceglie come nome cocacolla.it.
La Coca Cola Company chiede di oscurare il sito,
cocacolla.it lo oscura in maniera spettacolare e rumorosa, servendosi dei social network per pubblicizzare il loro sito semi oscurato e la richiesta di chiusura.
L’odio verso la multinazionale dei soft drinks per i suoi metodi criminali porta molti utenti a supportare il piccolo sito che ispira simpatia, in un’ ottica chiaramente influenzata dal racconto biblico di Davide e Golia.
Se avete aderito in massa coi vostri click alla causa dei creativi di cocacolla.it, spalleggiati da repubblica.it et similia, forse lo avete fatto spinti da un sincero odio contro le multinazionali e contro la proprietà intellettuale (una sola lettera di differenza, suvvia! dicono i creativi nel loro disclaimer).
Bene, questa avversione alle corporations NON è condivisa per niente dal sito che grida alla censura:
cocacolla.it ha pubblicato un post in cui uno dei fotografi creativi riceve un paio di scarpe dalla megamultinazionale tedesca ADIDAS da fotografare, riprendere,montare, insomma, da gestire in maniera creativa e adatta al mercato giovanile.
Il giovane fotoreporter creativo, oltre a informarci di quanto sono fighe le scarpe ricevute come omaggio, sceglie come colonna sonora del video un pezzo del duo catanese blatta e inesha, note che hanno risuonato nei centri sociali antagonisti in tutta Italia e che ora, loro malgrado, vengono utilizzate per una pubblicità di una multinazionale che punta dritto al target dei giovani alternativi.
Insomma, come sempre, il nemico marcia alla testa..
cocacolla.it pubblicizza in maniera subdola la multinazionale adidas, con il linguaggio dell’arte e della comunicazione giovanile (seppur già patinata). E poi viene a chiedere il vostro sostegno morale e di conseguenza il vostro click contro la soverchieria del gigante sugli artisti precari creativi.
I creativi, che probabilmente sceglieranno un altro nome per i loro sito ..focused on art, design, advertising, urban culture, new trends (suggeriamo Piselli re franchising) hanno ottenuto il massimo di esposizione mediatica e della simpatia della comunità virtuale con il minimo sforzo, lo sforzo di stare qualche ora seduti, eccitatissimi, a postare in giro per il web la loro triste storia di martirio digitale..
I loro schiamazzi hanno raggiunto anche orecchie straniere, e Robin Wouters dice chiaro e tondo che “.. the bloggers did exactly what bloggers will do in such cases: complain publicly and try and drum up interest for their cause on the Internet. ”
Insomma, non è tutto oro quel che luccica, e detestando la condotta di ogni corporation detestiamo anche cocacolla.it in quanto subdoli propagatori di messaggi consumistici attraverso il linguaggio delle controculture giovanili.
Quindi, chi detesta la CocaCola dovrebbe detestare anche i furbi creativi pubblicitari di cocacolla.it, che non hanno alcun diritto di presentarsi come vittime del sopruso dei potenti in quanto lavorano per i giganti dell’industria di abbigliamento sportivo.
..e quando una enorme forchetta incide una sottiletta dal ripieno sgorgante, una voce calda dice: “le nuove sottilette le cremose kraft sono cremose come…” “..la mamma..” risponde la tenera voce di una bambina bionda inquadrata, bellissima. La voce della bambina sarà stata ripresa con un microfono da 5ooo mila euro che ha saputo esprimere tutti i cento gradi della tenerezza riscontrabili in un bimbo umano. Questa bimba bionda dagli occhi azzurri mi fa venire voglia di essere la madre di tale incanto, per sentirmi dire languidamente “..tu sei… la mamma.”
Il fatto è che io sono un maschio. Non potrò mai essere la madre della bambina. Ora che ci penso, cosa vuol dire che le sottilette sono cremose “come la mamma”? La mamma è cremosa? Una bambina dice languidamente che la propria mamma è cremosa come le sottilette cremose kraft. Gli autori dello spot si rendono conto di ciò?
Morale della favola: non potrò mai essere la madre nè di quella nè di nessun altra bambina, ma in compenso potrò comprare delle sottilette cremose come la mamma di quella bambina.
e cosa dire delle zucchine splatter?
p.s.
qualcuno ha tentato di propagare il meme di questa pubblicità facendone la parodia su youtube, con uno scarso successo di visualizzazioni finora.