Prima di avventurarsi in qualunque analisi “seria” sul fenomeno Lega Nord occorre tenere presente che si sta parlando di un movimento che da anni fonda le sue battaglie, le sue lotte e i suoi principi sulla rivendicazione di una terra di fantasia, i cui confini sono del tutto aleatori. Un partito che, si dice, è diviso al suo interno in due correnti: il cosiddetto “Cerchio Magico” e i “Barbari Sognanti“.
Probabilmente basterebbe questo a scoraggiare chiunque sia intenzionato a prendere sul serio il fenomeno e a liquidare tutti i bramiti leghisti come deliri di squilibrati. Ma, come ci ricordano in molti – anche e soprattutto a sinistra – sono «radicati nel territorio», prendono un sacco di voti, e quindi è giusto parlarne come se fossero persone normali.
Ciò di cui si parla in questi giorni, in queste ore – in poche parole, anche la Lega avrebbe qualche problema di tangenti, o almeno così pare – non farebbe altro che demolire l’ennesima leggenda della mitologia leghista. Almeno, a prima vista.
I nazionalismi, si sa, si nutrono di miti. Benché il leghismo non sia, a nostro parere, minimamente degno di essere classificato come “nazionalismo”, il movimento padano ha costruito negli anni un singolare épos fatto, almeno in superficie, di integrità, purezza, incorruttibilità e diversità, e non ci riferiamo ai continui vagheggiamenti riguardanti i popoli oppressi, le radici celtiche, i tratti in comune con corsi, baschi, scozzesi, catalani, nativi americani, vichinghi e hawaiani, che hanno reso i raduni di Pontida degli happenings in salsa paesana.
Non osiamo nemmeno pensare a quanti fiumi d’inchiostro si staranno versando in queste ore sulla definitiva “perdita dell’innocenza” da parte della Lega, perdipiù perpetrata dal suo padre fondatore.
Ma c’è veramente qualcuno in grado di sorprendersi? C’è qualcuno che ha ancora la forza di stupirsi?
Non è il caso, a nostro avviso, di avvampare di sdegno e sobbalzare sulla poltrona.
L’immagine dei “duri e puri”, ormai da anni, la Lega l’ha lasciata a coloro che, bontà loro, vogliono credere ancora alle favole, le stesse, probabilmente, che compongono il corpus della mitologia padana. Stiamo parlando, infatti, del movimento che da anni non si risparmia nelle crociate contro la palla al piede sudista e contro i suoi vergognosi sprechi, salvo poi stipulare cordialissime alleanze con gli stessi autori degli sprechi suddetti.
E’ possibile leggere, in queste drammatiche, palpitanti, terribili ore, editoriali che evidenziano come la Lega “si sia svegliata italiana”.
Sarebbe anche il caso di dire che un partito che ha messo i suoi uomini nei posti chiave dei consigli d’amministrazione delle banche e delle principali aziende del paese, e che per anni ha fatto il bello e il cattivo tempo sulla scena politica nazionale, ponendo ultimatum semiseri, battendo i pugni e facendosi blandire allo stesso tempo, non solo è italiano, ma è proprio “romano”, come Carlo Verdone e l’amatriciana. E lo è da molto tempo.
E adesso? Dimessosi Bossi, tutti gli interrogativi riguardano il futuro della Lega.
Ci piace poter dire che del futuro della Lega non ce ne importa nulla.