RADICAL CHIC RA VUCCIRIA ITIVINNI A ZAPPARE

Questa foto è stata (malamente) scattata alla Vucciria, nei pressi di piazza Garraffello.
Per chi non conosce Palermo, piazza Garraffello si trova nel quartiere della Vucciria, un mercato storico antico di secoli. Fino a una decina d’anni fa era frequentatissimo, le persone si accalcavano nei vicoli tra teste di pesce spada, maiali squartati, erbe di campo et cetera, con il sottofondo delle abbanniate, una prosodia urlata con cui i putiari pubblicizzano la propria mercanzia. Queste urla e le disordinate masse umane hanno fatto sì che il termine “vucciria” entrasse nel lessico dei palermitani come sinonimo di confusione.
Al giorno d’oggi il mercato  continua a resistere ma, purtroppo, versa in uno stato semi-comatoso. Ciò è un effetto della sciagurata gestione Cammarata, che ha aumentato l’affitto e il costo della licenza per i negozi nell’ambito della “valorizzazione” del patrimonio immobiliare del centro storico, cui è conseguito un aumento forzato dei prezzi di carne pesce frutta e verdura. Al contrario degli altri mercati storici del Capo e (soprattutto) di Ballarò, la gente non va più in massa a fare la spesa alla Vucciria. I consumi si sono limitati, e si interrompe sempre più spesso la secolare attività familiare a causa dei costi troppo elevati.
A dire la verità, la frequentazione rimane massiccia, ma l’orario si è spostato in avanti: ogni giorno, verso le 19 – 19.30 negozi e bancarelle di alimentari si apprestano a chiudere; al contrario, le taverne cominciano ad affollarsi, nel fine settimana da piazzetta Caracciolo lungo tutta la via Argenteria e piazza Garraffello fino a via Chiavettieri (notare la toponomastica legata ai mestieri) la “Movida Palermitana si colora fino alle luci dell’alba.”
Nella “città più cool d’Italia” le persone che frequentano queste vie settecentesche, adorne di capolavori dell’arte come la statua del Genio di Palermo, la fontana cinquecentesca del Garraffello, la chiesa di Sant’Eulalia dei Catalani*, è in buona parte composta da studenti, lavoratori e nullafacenti, provenienti dai quartieri residenziali della medio-alta borghesia**, che vanno a bere e a socializzare nel quartiere. Per socializzare intendiamo anche mangiare interiora di agnello accanto ad un cassonetto maleodorante di fronte ad un palazzo bombardato dagli americani nel 1943 e mai ricostruito, con la musica reggae a fare da colonna sonora a questa architettura da Ciprì e Maresco.

Veniamo dunque a questa scritta.
Dobbiamo dire che la redazione ha cominciato a interrogarsi sul reale significato di queste parole, prendendo in esame varie ipotesi sul chi e sul perchè. Il dove e il quando li sappiamo già.
La scritta farebbe pensare, inizialmente, ad un fastidio da parte degli abitanti del quartiere verso gli avventori notturni: gente che ha tanti soldi da spendere, e passa la notte a urlare e orinare sotto i portoni, mostrando scarso rispetto per un posto in cui si è, comunque, ospiti. E’ possibile che ci sia anche un sottofondo di odio di classe: i radical chic, possiamo presumere, siano i giovani ricchi aspiranti bohemienne, con i pantaloni strappati, i piercing e uno smartphone da cinquecento euro in tasca; la Vucciria è un quartiere popolare che paga la crisi più di altri e in cui c’è la solita cronica mancanza di servizi palermitana.
Da un altro lato, i rumorosi ospiti sono comunque una fonte di reddito, le loro tasche e i loro portafogli si svuotano quotidianamente sui banconi dei vari bar, taverne e bancarelle, quindi un indotto si crea.
Ciò che non convince è la grafia: sembra una grafia influenzata da un passato da writer, non da un passato da stigghiolaro. Quindi, pur non volendo fare una grafologia forense lombrosiana, saremmo indotti a pensare che chi scrive così possa aver quantomeno frequentato qualche rapper upperclass.
Inoltre, bisogna riflettere sul significato di “radical chic ra vucciria”: chi è costui? gli studenti, i giovani artistoidi della medio-alta borghesia che approfittano degli affitti bassi e si installano in un quartiere centrale e popolare come la Vucciria, oppure chi frequenta il quartiere in notturna, mostrando scarso rispetto? O ci sono altri riferimenti a noi oscuri? Probabile.
Insomma, non essendo venuti a capo di questo rompicapo, lanciamo due ipotesi, sperando che chi ne sa di più si faccia avanti:
Le due ipotesi sono definibili “andreotti” e “occam”
Andreotti diceva che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, quindi potremmo dire che la grafia nasconde che si tratta di una provocazione, architettata da qualche lupo solitario in vena di scherzi, e che quindi non rappresenta il reale sentimento del quartiere.
Occam era un frate, e diceva che non bisogna mai presupporre più del necessario: quindi, visto che alcuni motivi di risentimento ci sono, questa scritta è indice del malcontento di un quartiere che dopo secoli rischia di cambiare destinazione d’uso, da mercato a centro di svago notturno dei giovani di tutta palermo.
Voi che ne pensate?

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*Sede dell’Istituto Cervantes, visitato persino da quel ragazzone del principe di Spagna Felipe, che credo abbia ancora una giurisdizione territoriale all’interno della Chiesa, eretta dai suoi antenati sovrani a Palermo.
**Questo è l’approccio con cui una band palermitana accompagna una rivista musicale italiana attraverso la Vucciria in notturna in un articolo apparso qualche anno fa. Un reportage che, nella parte in cui si parla specificamente del quartiere, ha un approccio totalmente sbagliato, nascondendo sotto il tappeto i drammatici problemi e dipingendo la Vucciria soltanto come un paese dei balocchi decadente per giovani metrosexual. Cosa che in parte è vera, ma che esclude la realtà della vucciria nelle 24h, focalizzandosi solo nel periodo dalle 22 alle 4 del mattino. Un giornalista avrebbe potuto e dovuto interessarsi meglio.