I FROCI DEVONO SCEGLIERE

(usiamo la parola froci perchè negli Stati Uniti chiunque voglia può insegnare una materia chiamata Queer Studies*, quindi l’espressione “studi dei froci” prima o poi anche in italia diverrà una cattedra universitaria ad Antropologia)

Cosa vogliono i froci?
Vogliono rinchiudersi in famiglie e matrimoni burocratici e chiusi, spingendo per ottenere unioni civili e matrimonio?
O vogliono rimanere una alternativa radicale al modo di vita eterosessuale?
Corradino Mineo ha fatto notare quella che per lui è una ironia contemporanea,
cioè che gli omosessuali italiani, in questo momento, sono il gruppo umano che più spinge verso la famiglia, che più brama il diritto di sancire legalmente i propri rapporti affettivi. Mineo, dialogando con Nichi Vendola su Rainews24, ha sostenuto le sue tesi dicendo che la comunità gay “ha abbandonato la sua visione più libertaria e iconoclasta”, chiedendo la possibilità di mettere su famiglia in maniera più decisa anche rispetto ai lobbysti del family day, eh eh.
Vendola ha risposto che “nessuno più degli omosessuali è visceralmente avvinghiato alla famiglia, sono letteralmente ammammati”.
Wow. se queste stereotipate parole le avesse dette Storace, il giorno dopo Repubblica ci avrebbe riempito pagina 6.
Vendola continua sostenendo che ciò che gli italiani non tollerano sono i vizi privati e le pubbliche virtù, ovvero i politici pro-life in pubblico e pro-shemale in privato.
Al contrario, l’ostentazione di uno stile di vita omosessuale consapevole non verrebbe più visto come un ostacolo alla carriera politica, sembra dirci Vendola.
Ora, ci piacerebbe sapere cosa ne pensano gli omosessuali, soprattutto i froci politicizzati, i queer LGBT.
Perchè questi mezzi lobbysti – mezzi rivoluzionari devono alfine decidersi.
Sostenere il matrimonio, le unioni civli, la burocratizzazione dei sentimenti e dei conti in banca;
oppure rinunciare a tutto questo per sempre, ed esprimere la propria, unica e irripetibile identità incarnata.

Siete davvero disposti a barattare il vostro stile di vita radicalmente alternativo alla realtà che vi opprime, chiedendo in cambio soltanto un certificato comunale, un pugno di parlamentari lobbisti e qualche talk show?
Noi non vogliamo essere inutilmente severi o apocalittici: possiamo immaginare che i pochi teorici italiani del movimento, magari i più scafati e i meno dogmatici, abbiano compreso che il movimento gay/queer/LGBT rischia, col passare degli anni, di rinchiudersi in una spirale di autorappresentazione e lobbysmo.


Concludiamo citando l’immenso Luciano Bianciardi.
Negli ultimi anni della sua vita, da persona intelligente, Bianciardi accettò di tenere una rubrica di posta dei lettori sul Guerin Sportivo.
Erano i primi anni settanta, e in italia si parlava del diritto a divorziare.
Un lettore del Guerin Sportivo chiese a Bianciardi quale fosse la sua posizione sul tema del divorzio.
La risposta fu, come sempre, uno splendido capovolgimento della prospettiva:

La battaglia per il divorzio è una battaglia di retroguardia. La vera battaglia sarebbe quella contro il matrimonio.

Ci sentiamo di indirizzare queste anarchiche parole a tutti i gay che fanno lobby per diventare uguali ai non-froci.

—————————————————————————————————————————

*Per farvi capire cosa potrebbe succedere nelle Università italiane, vi diamo il link al sito della materia Queer studies (all’interno del corso di laurea in Gender Studies) dell’Università dell’Oregon, una materia che viene presentata come “un’opportunità di seguire un corso che va da Boy George fino alla linguistica color lavanda“. Dategli un’occhiata se vi va, in particolare al feedback lasciato dagli studenti. Travis Prinslow sostiene di essere contento di aver seguito questo corso e di voler diventare un lobbysta LGBT a livello statale, o addirittura, un giorno, a livello federale.
Quanto dovremo aspettare prima che in italia si formi una vera classe dirigente queer, da far crescere magari presso la Aldo Busi School of Politics?