Il professor Fiandaca come Mauro Icardi. Quando vincere non basta.

Se avete un’opinione qualsiasi sull’argomento “Trattativa Stato-Mafia”, dopo aver letto La Mafia Non Ha Vinto cambierete idea, e guarderete “la Trattativa” come si guardano argomenti tipo “gli Alieni”, “le Scie Chimiche”, “il Signoraggio”, ovvero come uno fra i tanti complottismi malati che infettano il dibattito politico.

Ora il Partito Democratico candida il professore Fiandaca (autore del libro insieme a Salvatore Lupo) alle elezioni europee.

Sinceramente, non riusciamo a individuare un profilo più competente di Fiandaca per quanto riguarda il diritto penale italiano e internazionale.

Si tratta di una candidatura di altissimo livello, un raffinato giurista nonché ex membro del CSM che in carriera, oltre a un Manuale di Diritto Penale, ha prodotto articoli scientifici su argomenti come il rapporto fra Diritto e Neuroetica.

La scienza di Fiandaca è stata anche al servizio di programmi rieducativi sperimentali nei carceri minorili, ambiti in cui l’illuminato “garantismo” del professore è stato sempre teso ad alleviare le pene dei giovani detenuti e a favorire il loro reinserimento nella società.

Insomma, un intellettuale di questo spessore è la miglior candidatura che un partito può fare alle elezioni europee. Sicuramente migliore di altre*.

Perché allora se pensiamo a Fiandaca candidato alle Europee ci viene in mente Mauro Icardi e la sua trionfante umiliazione ai danni dell’ex amico Maxi Lopez?

Per spiegarlo dobbiamo partire dal libro che abbiamo citato all’inizio, che consta di due saggi.

La Mafia Non Ha Vinto, edito da Laterza, è un libro straordinario, da leggere assolutamente, scritto da due brillanti professori dell’Università di Palermo, Salvatore Lupo e Raffaele Fiandaca. Uno storico della mafia tra i più competenti in Europa e un giurista come Fiandaca esaminano rispettivamente le narrazioni degli intrecci politico-mafiosi in Sicilia del periodo storico della Trattativa e l’impianto processuale messo in piedi dei giudici di Palermo e che ha alimentato in certi ambienti giornalistico-politici un mito che è crollato in sede di dibattimento, lasciando uno strascico di conflitti istituzionali che faranno fatica a cicatrizzarsi e lasciando soprattutto l’alone nerastro della “Trattativa con la T maiuscola” nelle menti di una parte del pubblico italiano.

Un libro che con chiarezza espositiva, ampio e scrupoloso uso delle fonti e con un’attitudine sfrontata smonta pezzo per pezzo il mito della “Trattativa”. Smentisce categoricamente gli “opinion-makers”, (quasi tutti pubblicati da ChiareLettere come si evince dalle note a piè di pagina), che di concerto con alcuni magistrati, autori a loro volta di libri bestsellers, hanno propagato per anni la vittoria della mafia nel biennio di sangue 92-93 ottenuta attraverso la Trattativa. Una vittoria che semplicemente non c’è stata, dimostrano chiaramente i due professori, come non c’è ombra di reato nel procedimento portato avanti dalla procura di Palermo. Se volete capire i rapporti tra Stato e Mafia dovete comprarlo.

Ma in questo libro c’è di più. C’è la nota drammatica dei legami personali ad infiammare la contesa intellettuale.

Antonio Ingroia si è laureato a Palermo proprio con il professore Fiandaca come relatore; e perciò assistere a quest’autopsia di un cadavere processuale è come leggere un maestro che corregge i compiti a un allievo.

Perfidamente Lupo** ricorda (pagina 23) che quasi per caso Ingroia non proseguì la carriera accademica e scelse la magistratura, e soltanto un malizioso può pensare che nelle pagine del libro rimanga l’eco dell’amarezza del maestro di aver perso l’alunno migliore.

La successiva avventura politica di Ingroia viene così stigmatizzata: “..la posizione ambivalente assunta da Ingroia, agendo da magistrato dell’accusa e insieme da attore politico con forte esposizione mediatica” p. 126.

Anche Fiandaca adesso è un attore politico e come tale va giudicato. Non è più imparziale come quando ha pubblicato il libro La Mafia Non Ha Vinto.

Potrebbe quasi sembrare, ad uno spettatore eccessivamente malizioso, che dopo aver smontato il lavoro di Ingroia, Fiandaca voglia pure entrare in politica per accedere ai più alti incarichi, qualcosa in cui il suo ex studente Ingroia ha miseramente fallito. Maxi Lopez sbaglia il rigore, Icardi segna ed esulta esageratamente. Wanda Nara rappresenta la Verità, strappata da Icardi Fiandaca al triste Maxi Lopez Ingroia.

Note

* Naturalmente le forze politiche più populiste si stanno scagliando contro Fiandaca in maniera scomposta. Prima Travaglio, poi il Movimento 5 Stelle e poi Crocetta hanno attaccato duramente (“Fiandaca sputa sulle tombe di Falcone e Borsellino“) il professore. La risposta di Fiandaca agli insulti del deputato 5 stelle Giarrusso*** è stata magnifica, sprezzante e tagliente come solo un professorissimo di Giurisprudenza a Palermo sa fare: “Questa accusa che mi si fa di giustificare la trattativa è frutto o di ignoranza o di malafede: questo offende l’intelligenza, ammesso che ne abbia, del senatore Giarrusso, che io non considero un mio interlocutore intellettuale”. Teccà, scancia! Ciò non toglie che molto probabilmente il Movimento 5 Stelle si riconfermerà come primo partito in Sicilia.

** A noi Lupo piace molto come storico proprio perchè è perfido e scrive benissimo. Ma la sua perfidia, atta a smascherare le semplificazioni banalizzanti, è basata sui fatti e sullo scrupoloso rigore del metodo storiografico, in tutta la sua opera come anche in La Mafia non ha vinto, un libro che fin dalle citazioni introduttive contrappone la raffinata e tormentata presa di coscienza antimafia di Leonardo Sciascia alle marmoree certezze (senza alcuna prova) del pasoliniano Io So (scelto da Ingroia**** come titolo del suo libro),. Pasolini vs Sciascia, certezza (senza prove) vs complessità. Sciascia è quello dei “professionisti dell’antimafia”, quello che nel Giorno della civetta mette in bocca al protagonista positivo del romanzo, il Capitano Bellodi, un ex partigiano entrato in polizia che nel dopoguerra si trova a combattere la mafia, delle riflessioni sulle analogie fra il ruolo dell’antimafia e quello degli antichi inquisitori domenicani che tormentavano i siciliani.

Insomma, Lupo propone una visione dei rapporti fra Stato e Mafia complessa, variabile e cangiante nel tempo, non la granitica identificazione fra Stato e Mafia che va di moda oggi fra i seguaci di Travaglio e Grillo. E lo fa portando le prove, i fatti, e non soltanto gli slogan facili e le “verità” di Massimo Ciancimino.

 

Perfidamente, Travaglio non viene mai citato nel libro La Mafia Non Ha Vinto

Perfidamente, Travaglio non viene mai citato nel libro La Mafia Non Ha Vinto

Lupo riprende il discorso garantista proprio della sinistra italiana nel dopoguerra fino all’avvento di Berlusconi, quando grossa parte dellla sinistra scivolò sulle posizioni di Di Pietro, Travaglio e Caselli. Ecco come commenta Lupo:

“Falcone era un uomo vagamente di sinistra, Borsellino era dichiaratamente di destra, e, se è per questo, verso destra inclinava Di Pietro. Solo una polemica faziosa poteva indicarli come “toghe rosse”.  Il Caselli che combatteva le Br non appariva molto interno ai valori della sinistra, almeno non per come li interpretavano i giovani del movimento del ’77 o i radicali; o anche molti suoi colleghi di Magistratura Democratica con cui si scontrò per sostenere Falcone. Tanto meno rispondeva a quell’ispirazione ideale (di sinistra, ndr) il 41 bis”. (pagina 44)

Insomma, viene segnalato il percorso che portò la magistratura italiana a spostare il proprio mirino repressivo dalle bande armate comuniste degli anni settanta alla mafia siciliana*****, un percorso incarnato dalla figura di Giancarlo Caselli, che conclude oggi la  parabola lavorativa accanendosi contro i No Tav, e che misteriosamente è stato uno dei fari della “sinistra” antiberlusconiana dell’ultimo ventennio.

*** Giarrusso ha detto che Fiandaca sputa sulle tombe di Falcone e Borsellino, e lo ha detto in piazza a Palermo accanto a Beppe Grillo. Ricordiamo a tutti, ma soprattutto agli elettori 5 stelle, che Grillo due anni fa a Palermo aveva detto che la Mafia fa meno danni dello Stato.

**** Noi non ci auguriamo che il libro di Lupo e Fiandaca serva a distruggere il personaggio-Ingroia. Noi non lo odiamo nè lo reputiamo nemico. Certo, ha sbagliato il processo sulla Trattativa, e sicuramente ha sbagliato i tempi e i modi per entrare in politica. Ma rimane un signor giurista, ed è un bene che possa prestare le proprie conoscenze al di fuori della magistratura. Ha vastissime competenze nel suo campo, ha lavorato a fianco a Borsellino, e, soprattutto, si è laureato con Fiandaca come relatore.

***** Un testo che negli anni ’90 provò a spiegare questo passaggio, criticando come di destra le politiche emergenziali adottate negli anni ’70 contro il brigatismo e negli anni ’80 contro la mafia, fu Nemici dello Stato, opera di Luther Blisset, il nome collettivo da cui sarebbero emersi, pochi anni dopo, i Wu Ming. Un libro importante, disponibile gratuitamente online, che, attraverso numerosi esempi e avvalendosi di fonti eterogenee (la complessità, appunto) cercava di affermare come valore interno alla sinistra “di movimento”  la diffidenza nei confronti della magistratura italiana e dei vari strumenti legislativi repressivi che venivano affinati (o affilati?) nei momenti di cosiddetta emergenza.

In gloria di Gianroberto Casaleggio

Cercheremo oggi di tracciare un breve ma glorioso profilo di Gianroberto Casaleggio: imprenditore, genio politico, creatore di mondi.
Per fare ciò non potremo sottrarci dal citare alcuni pensieri di autori molto cari al grande Casaleggio.
Gurdjieff, ad esempio, ci dice che le persone spesso non sono in grado di usare oggetti perfettamente funzionanti; il ruolo del saggio è quello di far credere al prossimo di avere aggiustato ciò che andava già bene, ma del quale non si conoscevano i segreti dettagli.
Casaleggio da Gurdjieff ha preso anche una religiosa concentrazione su simboli e rituali.

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Simbolismo: il Webegg di Casaleggio ritorna rovesciato sotto forma di Tze Tze

 

Al visionario scrittore americano Bruce Sterling è stato concesso l’onore di intervistare Casaleggio per Wired, e il ritratto è stato giustamente encomiastico.
Fra le varie cose uscite da questo dialogo fra geni, alcune sono di particolare interesse.
Il fatto che Casaleggio tenga nel cassetto della scrivania una copia della Carta del Carnaro, la constituzione dell’impresa dannunziana di Fiume, è un simbolo della linea politica del genio: corporativismo, idealismo e pace sociale, all’interno di uno stato guidato simbolicamente da individui rumorosi.
Sterling fa anche un parallelismo ardito: Mazzini starebbe a Casaleggio come Garibaldi starebbe a Grillo.
Se il paragone tra Grillo e Garibaldi è poco meno che blasfemo, tra il santissimo Mazzini e Casaleggio c’è almeno un punto in comune.
Dovete sapere che i gruppi politici Mazziniani clandestini sparsi per l’Europa e per il mondo nell’800 si chiamavano “Congreghe”.
“Congrega” si traduce in inglese con “Meetup”. E questo è stato uno dei segreti del successo. Stimolare la nascita di “congreghe” significa dare speranza a chi altro non aveva se non il disordine morale e il deserto della quotidianità.

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Il gonfalone della Congrega di Favara (provincia di Agrigento). E’ in posti del genere che Casaleggio ha creato il proprio consenso

Altre analogie intercorrono tra i due lungocriniti strateghi , come lo sviluppo di più livelli di percezione del proprio discorso per andare incontro alle esigenze intellettuali delle varie categorie sociali all’ascolto. Oltre a ciò, anche una certa predisposizione a “far fare” piuttosto che a “fare”. “Creare le premesse per fare”.

Questo è il Casaleggio politico.
Passiamo ora al Casaleggio “creatore di universi”.

Il mondo politico italiano da qualche anno rivolge attorno a Grillo, prodotto della Casaleggio Associati. (come suggerito dal geniale blog Gilda35, ormai il dibattito politico italiano è una sfida fra tre squadre: Gruppo Espresso, Publitalia e Casaleggio Associati)

L’universo a 5 stelle si regge su un pensiero carismatico con al centro l’autorealizzazione interiore e pubblica.
Una carica gutturale di energia dal profondo ha sfondato la parete dei sentimenti repressi e ha stimolato l’ingresso in parlamento di centinaia di “citoyen”.
Ciò è successo perchè il discorso di Casaleggio ha creato un “ambiente-mondo” che è riuscito a permeare l’inconscio degli italiani dopo un ventennio di (anti/)berlusconismo.
L’universo a 5 Stelle si è sviluppato talmente tanto da inglobare l’universo intero, una mappa a grandezza naturale delle preferenze degli utenti online e offline.

Tutti hanno potuto, possono e potranno essere “grillini” o filo-grillini. Da Rocco Casalino a Franco Bifo Berardi, da Mario Tuti a Fiorella Mannoia, da David Thorne a Micah White, da Maurizio Zamparini a Bruce Sterling, da Dario Fo a Giuseppe Cruciani. Da Corrado Guzzanti a Carlo Taormina.
Anche l’elezione di Bergoglio (ricordate?) è stata salutata come “l’avvento di un papa grillino”, avvenuta in contemporanea con l’elezione e la rinuncia a prebende varie da parte dei “cittadini” a 5 stelle, parallele alle rinunce degli sfarzi da parte del Papa nuovo.
D’altronde, il Movimento 5 stelle è stato fondato il 4 ottobre, giorno di san Francesco.
Solo un genio poteva unire sotto un’unica bandiera personalità e immaginari così assurdamente lontani fra loro.

Questo universo Casaleggiano esiste prima di tutto sulla “rete” e solo dopo esiste nel mondo reale. Casaleggio parla agli account, che non siamo “noi” ma sono “una parte di noi”, priva di pene e vagina ma dotata di sentimenti, o quantomeno di una ristretta gamma di sentimenti fra cui rabbia e speranza, ovvero i due materiali usati da Casaleggio per plasmare le menti degli elettori.

Cervelli ormai agganciati emotivamente; una conquista avvenuta porta a porta, piazza per piazza, user per user, utente per utente, indirizzio IP per indirizzo IP. Una conquista così efficace che le numerose contraddizioni non hanno scalfito il consenso sin qui guadagnato.

E quindi va a finire che i numerosi ecologisti del M5S non giudicano grave la presenza di Casaleggio al forum Ambrosetti, il luogo dove manager e multinazionali cercano di spartirsi il bottino del pianeta Terra.

E poco importa se una star della Casaleggio come Alessandro Di Battista nel 2008 era un fervente sostenitore di Veltroni (Ka$ta!), negli stessi anni in cui Favia, ormai espulso, girava l’Emilia Romagna per creare la base elettorale dei futuri successi di Grillo.

Poco importa se “la base” aveva votato contro il reato di immigrazione clandestina e i parlamentari hanno votato per mantenerlo.

La propaganda a 5 stelle è un “oceano senza coste” (cit.) in cui è possibile pescare di tutto. Un’esegesi scrupolosa troverebbe, nell’immenso materiale prodotto online dal M5S, un numero notevole di contraddizioni. Ma ciò non conta per gli elettori, il cui cuore e la cui mente sono ormai state occupate dalle idee di Casaleggio e della sua azienda.

La “Rete”, principio aprioristico del M5S, produce un energia fisica di miliardi di byte di informazioni transitate dai pc ai server, i social network etc, gas naturale e bollette enel che inquinano il pianeta ma servono a tappezzare internet di variazioni sul tema della lotta delle 5 stelle contro l’antiuniverso che si ostina a non scomparire.

 

I finanziamenti occulti del Movimento 5 Stelle e le ostriche di Fiorito.

logo grillo

Il sito di beppe grillo è un sito commerciale tempestato di pubblicità e dove è possibile comprare il materiale prodotto da Grillo e Casaleggio. L’indirizzo del sito è parte integrante del simbolo elettorale del M5S. Ogni singola scheda elettorale contiene la pubblicità di un sito commerciale che fattura diverse migliaia di euro. E’ normale tutto ciò? Pubblicità gratuira esentasse su manifesti e addirittura schede elettorali!

Tempo fa abbiamo pubblicato un articolo in cui facevamo notare come il blog di Beppe Grillo sfruttasse AdSense, l’agenzia pubblicitaria di Google.

Accostare le battaglie politiche del movimento a pubblicità di compro oro, o di altre aziende, sarà sicuramente molto remunerativo per la coppia che gestisce il movimento, ma pone seri dubbi sulla genuinità della proposta politica.

Visto che è possibile pubblicare online le somme guadagnate con AdSense, sarebbe una interessante operazione-trasparenza da parte di Grillo-Casaleggio rendere pubblica la quantità di denaro guadagnata anno per anno con AdSense.

Si tratta di parecchi soldi? Chi lo sa?

Che percentuale di questi soldi va al Movimento? Quanti soldi vanno a finire nelle tasche di Grillo e Casaleggio? Chi decide come dividere i ricavi?

Vedete, il Movimento 5 Stelle si fa vanto di non ricevere finanziamenti pubblici.

Il fatto è che coi soldi pubblici noi sappiamo l’esatta quantità di ostriche ingurgitate da Fiorito, o il numero di reggiseni comprati dai consiglieri liguri dell’Italia dei Valori.

Col finanziamento pubblico viene rendicontato l’acquisto del libro Mignottocrazia da parte del consigliere comunale lombardo Nicole Minetti. Ogni centesimo viene registrato e può essere ricondotto ad una determinata persona o partito, pubblicamente, appunto.

CON ADSENSE TUTTO AVVIENE AL BUIO. Per questo parliamo di finanziamenti occulti, occulti nel senso di nascosti.

Non sappiamo NIENTE dei soldi che Grillo e Casaleggio stanno accumulando rivendendo a Google le informazioni personali degli utenti del blog.

La cosa più grave è che, per la prima volta, l’indirizzo di un sito internet (beppegrillo.it, il sito che usa AdSense) comparirà su un simbolo elettorale! Voterete per il blog che fa guadagnare palate di soldi a Beppe Grillo, sappiatelo.

P.S.

Questo articolo nasce dal fatto che abbiamo ricevuto diverse visite al nostro blog provenienti dalla piattaforma disqus.com, sfruttata dalla Casaleggio Associati per il sito del M5S (piattaforma usata anche dal Fatto Quotidiano).

Facendoci un giro sul sito del M5S abbiamo notato che un militante aveva sollevato gli stessi dubbi avanzati da noi.

Ecco lo screenshot:

yohannes grillo

AGGIORNAMENTO! (7 febbraio 2013)

Se volete sapere come hanno risposto gli attivisti del Movimento 5 Stelle alle nostre domande, cliccate qui. Potrete conoscere anche l’opinione di Federica Salsi sulla questione..