ALWAYS COCACOLLA. #BOICOTTACOCACOLLA.IT

Twitter per certe cose è davvero un merdaio, un merdaio nel senso letterale.
Nei merdai, ossia negli spazi adibiti a deposito di feci, proliferano virus e schifezze che, in condizioni igienico-sanitario precarie, vedono il diffondersi di ogni agente patogeno e possono portare alla creazione di epidemie.
#supportcocacolla è una di queste, un piccolo agente patogeno semi innocuo che sguazza e prolifera in una latrina culturale.
Un breve riassunto
Un sito di “creativi” italiani sceglie come nome cocacolla.it.
La Coca Cola Company chiede di oscurare il sito,
cocacolla.it lo oscura in maniera spettacolare e rumorosa, servendosi dei social network per pubblicizzare il loro sito semi oscurato e la richiesta di chiusura.
L’odio verso la multinazionale dei soft drinks per i suoi metodi criminali porta molti utenti a supportare il piccolo sito che ispira simpatia, in un’ ottica chiaramente influenzata dal racconto biblico di Davide e Golia.
Se avete aderito in massa coi vostri click alla causa dei creativi di cocacolla.it, spalleggiati da repubblica.it et similia, forse lo avete fatto spinti da un sincero odio contro le multinazionali e contro la proprietà intellettuale (una sola lettera di differenza, suvvia! dicono i creativi nel loro disclaimer).
Bene, questa avversione alle corporations NON è condivisa per niente dal sito che grida alla censura:
cocacolla.it ha pubblicato un post in cui uno dei fotografi creativi riceve un paio di scarpe dalla megamultinazionale tedesca ADIDAS da fotografare, riprendere,montare, insomma, da gestire in maniera creativa e adatta al mercato giovanile.
Il giovane fotoreporter creativo, oltre a informarci di quanto sono fighe le scarpe ricevute come omaggio, sceglie come colonna sonora del video un pezzo del duo catanese blatta e inesha, note che hanno risuonato nei centri sociali antagonisti in tutta Italia e che ora, loro malgrado, vengono utilizzate per una pubblicità di una multinazionale che punta dritto al target dei giovani alternativi.
Insomma, come sempre, il nemico marcia alla testa..
cocacolla.it pubblicizza in maniera subdola la multinazionale adidas, con il linguaggio dell’arte e della comunicazione giovanile (seppur già patinata). E poi viene a chiedere il vostro sostegno morale e di conseguenza il vostro click contro la soverchieria del gigante sugli artisti precari creativi.
I creativi, che probabilmente sceglieranno un altro nome per i loro sito  ..focused on art, design, advertising, urban culture, new trends  (suggeriamo Piselli re franchising) hanno ottenuto il massimo di esposizione mediatica e della simpatia della comunità virtuale con il minimo sforzo, lo sforzo di stare qualche ora seduti, eccitatissimi, a postare in giro per il web la loro triste storia di martirio digitale..
I loro schiamazzi hanno raggiunto anche orecchie straniere, e Robin Wouters dice chiaro e tondo che “.. the bloggers did exactly what bloggers will do in such cases: complain publicly and try and drum up interest for their cause on the Internet. ”
Insomma, non è tutto oro quel che luccica, e detestando la condotta di ogni corporation detestiamo anche cocacolla.it in quanto subdoli propagatori di messaggi consumistici attraverso il linguaggio delle controculture giovanili.
Quindi, chi detesta la CocaCola dovrebbe detestare anche  i furbi creativi pubblicitari di cocacolla.it, che non hanno alcun diritto di presentarsi come vittime del sopruso dei potenti in quanto lavorano per i giganti dell’industria di abbigliamento sportivo.