Ieri abbiamo introdotto il concetto di “satira kamikaze”. Di cosa si tratta?
Quando fai satira contro qualcuno che sai essere pericoloso e pronto a ucciderti, e continui a deriderlo apposta per suscitare una sua reazione, senza alcuna paura, ecco un esempio di satira kamikaze.
Oltre a Charlie Hebdo, ci vengono in mente le trasmissioni di Radio Aut condotte da Peppino Impastato in Sicilia negli anni ’70. In entrambi casi gli autori erano perfettamente a conoscenza dei rischi che correvano, e in entrambi i casi si è arrivati all’omicidio.
Ma fra Charlie Hebdo e Peppino Impastato c’è una differenza fondamentale, che non può essere ignorata da un osservatore imparziale.
Impastato era la voce di una minoranza che si ribellava ad un potere che dominava;
Charlie Hebdo era la voce della maggioranza francese, borghese e bianca che detiene il potere, e si accaniva contro una minoranza di proletari e sans papier.
In entrambi i casi abbiamo assistito ad una immensa prova di coraggio da parte dei kamikaze satirici: sono andati incontro alla morte ridendo in un florilegio di battute e prese per il culo.
Solo che Impastato è morto nel silenzio dei media (perché era realmente scomodo) mentre Charlie Hebdo (che fa comodo al potere) è stato assassinato nel clamore globale dei peggiori censori e razzisti che si elevano a paladini della libertà di stampa.
Ora, perché in Italia non esistono situazioni come quella di Parigi? Perché i vignettisti italiani pensano ad altro e lasciano la propaganda razzista al quotidiano Libero e a Salvini?
Per provare a rispondere a questa domanda, proveremo a raccontare una storia
IDENTIKIT DELL’ITALIANO CHE VA A VIVERE IN FRANCIA E DIVENTA ISLAMOFOBO
Nasci in Italia, al Sud, all’inizio degli anni ’80. Famiglia della media borghesia, tendente a sinistra.
Cresci senza internet. Liceo, canne, manifestazioni. Nel 98/99 scendi in piazza contro le bombe di D’Alema su Belgrado. Nel 2000 vai a studiare in un’università del nord. Padova, Bologna, Venezia. Nel 2001, a Luglio, magari vai con gli amici a Genova. Terribile.
Nel 2004 ti laurei (c’è già internet), dottorato e nel 2006 vinci una borsa di ricerca a Parigi. Filosofia, o magari cose scientifiche tipo microchirurgia o fisica.
Ti piace la Francia. Non c’è Berlusconi. Le ragazze si fanno meno problemi.
C’è libertà di stampa, di culto e di ricerca. Valori Repubblicani, lavoro, welfare. Quasi quasi ti conviene fare un figlio o rimanere disoccupato, se sei povero. Altro che il Sud Italia.
Si vive bene, la città funziona. I mezzi di trasporto sono in orario. Certo, sulla metro magari gruppetti di ragazzini algerini della banlieu ti rompono le palle. Però il lavoro va bene.
Diventi insegnante universitario a 32 anni. Leggi Onfray, Hitchens, Houllebecq, Bernard-Henry Lévi (non la Fallaci per un vago ricordo del Social Forum) vai ai concerti, alle mostre, a teatro, compri Charlie Hebdo. Ridi e guadagni soldi. Hai un passaporto europeo.
Vai a cena coi colleghi francesi e uno di loro parla della legge di Sarkozy che vieta il burqa, pena l’arresto. Dice: “Fa bene, già abbiamo dato col cristianesimo, non si devono permettere di portare qui queste usanze barbare. Noi uomini di scienza dobbiamo odiare tutte le religioni, ma soprattutto l’Islam”.
All’inizio, ti stupisci che un tuo collega di sinistra se la prenda con gli immigrati. Poi pensi: minchia.. ha ragione.
Hanno rotto il cazzo con gesù, maometto e tutte le religioni. vive la libertè porcodio.
Si fottano ‘sti stronzi. Berlusconi è una merda, la Lega mi fa schifo ma ‘sti algerini rompono davvero i coglioni. Picchiano le donne, spacciano, mi hanno fatto cadere il cappellino mentre camminavo per Montmartre.
E poi Voltaire, Rousseau, Lepen!
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